Sunn O)))
Kannon
Southern Lord
Ecco ricomparire dopo sei anni i gran sacerdoti del metal metafisico, avvistati nel 2014 in combutta con gli affini norvegesi Ulver (Terrestrials) e l'indocile Scott Walker (Soused). Ascoltando i tre movimenti in cui è articolato Kannon sembra di vederli in azione: frati neri che suonano chitarre brandendole con gesti rituali, come fossero incensieri. Che la musica dei Sunn O))) abbia parvenze mistiche è noto, del resto: prova ne sia l'impiego durante le sedute di meditazione degli adepti della confraternita Black YO)))ga (www.black-yoga.com). Impressione rafforzata, in questa circostanza, dal titolo dell'opera e dal contesto nel quale essa viene collocata: kannon è il modo in cui si pronuncia in giapponese Guānyīn, nome che nel buddismo designa il Bodhisattva femminile riferito alla misericordia, soggetto della scultura creata per l'occasione dall'artista svizzera Angela Lafont Bolliger e raffigurata in copertina.
Altra complice del duo californiano è la controversa performer e teorica neofemminista Aliza Shvarts, autrice del breve saggio che accompagna il disco. Rispetto al precedente Monoliths & Dimensions, dov'erano utilizzati anche fiati, archi e un coro, qui si torna all'essenza austera dei primi lavori: bordoni di feedback che evolvono con massiccia e solenne lentezza, come ineffabili maelstrom sonori simili a buchi neri (affascinante la definizione coniata per loro da "Rolling Stone": "i Mark Rothko del metal espressionista"). A conferire un alone gotico al denso magma musicale prodotto da Stephen O'Malley e Greg Anderson è la voce (in)umana di Attila Csihar, che alterna rantoli diabolici (nel primo episodio) a salmodie gregoriane (nel secondo). Ciò nonostante, O'Malley sostiene che Kannon è un album "luminoso". E forse, considerati gli standard dei Sunn O))), l'affermazione non è fuori luogo.