Mesh marina: storia di una canottiera

Dalla Norvegia al reggae, da dove deriva l'ossessione dei giamaicani per la mesh marina, la canottiera a rete?

Popcaan mesh marina
Popcaan - press photo (foto di Destinée Condison)
Articolo
pop

Mi ero già occupato della passione dei giamaicani per le Clarks Desert Boots, ora tocca a un’altra ossessione, quella per la mesh marina.

Mai sentita, vero? Vediamo di cosa si tratta.

– Leggi anche: L'ossessione dei giamaicani per le Clarks

Come già successo con le Clarks, anche l’ossessione per la mesh marina ha come oggetto qualcosa che non nasce in Giamaica: poiché l’indumento da almeno dieci anni sta godendo di nuova popolarità nella cultura popolare giamaicana, non lo possiamo definire esattamente una tendenza.

La mesh marina è stata per lungo tempo un autentico pilastro dell’abbigliamento giamaicano perché in grado di fornire un’importante funzione: mantenere asciutti e freschi. La canottiera di rete a maglie larghe – è così che possiamo definire la mesh marina – fu concepita per soddisfare questa semplice necessità.

Prima di ricostruirne la storia, una nota di colore: come spesso succede coi giamaicani, anche in questo caso il nome nasce da una storpiatura; anche se il reggae e la dancehall hanno reso popolare l’uso di “marina” in riferimento all’indumento, la parola ufficiale è “merino”, chiaro rimando alla razza ovina Merino, conosciuta per l’ottima qualità della sua lana impiegata nelle aziende tessili.

Ed è proprio un’azienda tessile, la Brynje, a mettere a punto negli anni Trenta del secolo scorso una canottiera di rete a maglie larghe in lana perché il capitano Henrik Bruun dell’esercito norvegese si stufò dello standard degli indumenti intimi forniti alle sue truppe. Bruun prese contatto con il fabbricante tessile perché lo aiutasse a sviluppare una parte superiore fatta di filo intrecciato interrotto da aperture.

L’indumento – che più tardi negli Stati Uniti prese il nome di “maglia della salute” – sarebbe riuscito sia a dare calore sia a ridurre il sudore, regolando anche la temperatura corporea.

Brynie

A partire dagli anni Quaranta questo indumento divenne molto popolare in Inghilterra, riuscendo in breve tempo a diventare un punto fermo dell’abbigliamento intimo maschile.

Negli anni Cinquanta la canottiera a rete fu resa immortale in Inghilterra da Andy Capp, una striscia a fumetti – conosciuta in Italia come Carlo e Alice – su un uomo della classe operaia che beve un po’ troppo e lavora troppo poco, consolidandola come rappresentazione visiva della classe operaia.

Negli anni Ottanta la personificazione fu portata avanti con le serie comiche di Rab C Nesbitt, nelle quali il protagonista indossava una canottiera a rete e caldeggiava una vita fatta di disoccupazione.

Rab C Nesbitt

Nel 2007 il quotidiano The Independent dichiarò la morte della canottiera a rete: «L’inglese moderno non vuole più indossare la canottiera resa immortale da Rab C Nesbitt e Andy Capp, e le vendite sono crollate. Gli uomini, o più probabilmente le loro mogli e fidanzate, oramai associano le canottiere a rete agli anziani e agli idraulici panciuti».

«L’inglese moderno non vuole più indossare la canottiera resa immortale da Rab C Nesbitt e Andy Capp, e le vendite sono crollate. Gli uomini, o più probabilmente le loro mogli e fidanzate, oramai associano le canottiere a rete agli anziani e agli idraulici panciuti».

Fin qui Norvegia e Inghilterra, ma la Giamaica? Avevo visto innumerevoli volte questo modello di canottiera, sulle copertine dei dischi, nei video e anche nei concerti dal vivo, senza sapere che nell’isola caraibica è conosciuto come mesh marina e senza approfondirne le storia fino a una ventina di giorni fa, quando su Youtube è comparso un video di sette minuti e mezzo intitolato The Story of Jamaica’s Most Famous Shirt: The Mesh Marina.

L’esportazione dello stile nelle colonie caraibiche britanniche durante gli anni Cinquanta ebbe particolare presa in Giamaica, dove le canottiere a rete assunsero un nuovo significato in virtù del clima caldo. La diffusione dello stile nella cultura giamaicana fu ulteriormente espressa nella street culture della Giamaica post-coloniale in cui questo capo divenne un elemento basilare.

Il rude boy – definizione colloquiale per ogni giovane giamaicano pesantemente armato o semplicemente insoddisfatto – abbracciò subito l’indumento. La mesh marina divenne il simbolo della natura ribelle del rude boy, che indossava il suo abbigliamento intimo a vista, senza curarsi dei commenti della gente. Il reggae fornì una piattaforma internazionale a questa cultura, rendendo la mesh marina ancora più popolare perché molto spesso faceva capolino sotto le camicie button down di artisti famosi come Bob Marley e Gregory Isaacs.

George Harrison e Bob Marley
George Harrison e Bob Marley

Le mesh marina tradizionali indossate dai rude boy erano in tinta unita, generalmente bianche, mentre alcuni decenni più tardi quelle nere, gialle e verdi generarono una seconda ondata di popolarità, quando i produttori capirono che il loro pubblico più remunerativo era quello della dancehall culture.

Gregory Isaacs e Peter Broggs
Gregory Isaacs e Peter Broggs

L’ascesa della dancehall portò a un nuovo uso dell’indumento, dandogli una resurrezione definitiva a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta con artisti come Buju Banton e Terry Ganzie – il cui nome deriva dal termine ganzie, che indica la camicia nel patois giamaicano – e ballerini come Bogle e la Black Roses Crew che rivoluzionarono la moda dancehall con accostamenti stravaganti.

Terry Ganzie
Terry Ganzie

Nel video per il suo singolo “Work” Barrington Levy indossa una mesh marina sotto il suo gilet.

 Nel nuovo millennio gli artisti hanno giocato con lo stile come accenno rétro ai primi giorni del reggae e della dancehall. L’indumento è riemerso nel video altamente stilizzato che ha accompagnato il singolo di successo “Watch out for This (Bumaye)” di Busy Signal e Major Lazer, ed è stato notato nel video di “Who Knows” di Protoje in compagnia di Chronixx.

«Mesh marina è uno stile ma anche un’immagine che lo accompagna, è molto rootsy, tipicamente giamaicana. È assolutamente una dichiarazione» – Protoje

 Ed eccoci arrivati ai giorni nostri e ai due personaggi che più di altri fanno sfoggio di questo indumento, vale a dire Popcaan e Koffee.

Nel 2020 l’Unruly Boss è addirittura apparso sulla copertina della rivista inglese Wave indossando una mesh marina arancione.

Popcaan mesh marina
Popcaan

E lo stesso indumento, però bianco, compariva qualche anno prima nel video di “Everything Nice”.

 E cosa indossa durante questa intervista del 2014?

 È da poco uscito il video che accompagna il suo nuovo singolo “Next to Me”, in cui compare anche la sua fidanzata Toni-Ann Singh, Miss Mondo 2019: l’avete già capito, vero? Ambedue indossano una mesh marina. Bingo!

Prima ho nominato Koffee: bene, nel video di “Lockdown” compare anche Popcaan in versione di ballerino ed entrambi gli artisti indossano…ma sì, una mesh marina. Bingo nuovamente!

 E chiudiamo questo viaggio alla (ri)scoperta della mesh marina con due che di stile se ne intendono: la prima è Rihanna, che nel video di “Work” (2016), in cui compare anche Drake, sfoggia una fantastica marina lunga coi colori rasta in omaggio alla scena dancehall giamaicana degli anni 90.

La seconda è Madonna, la material girl, che poco dopo il celebre video di “Like a Virgin”, quello che nel 1984 la fece conoscere un po’ dappertutto, si fece immortalare con indosso una marina, di lì a poco capo d’abbigliamento imprescindibile per tutte le madonnare del mondo.

Madonna Mesh Marina

Ma prima di mettere il punto finale, permettetemi di calare il carico da 11: il video di “Diamond Sox”, brano del 2014 di Notis & Iba Mahr in cui compare tutto: le calze Burlington (le calze a rombi), le Clarks Wallabee, la camicia Arrow e lei, l’immancabile, l’intramontabile mesh marina.

 «Pensavo di essere l’unico nel mio quartiere a indossare ancora le calze coi rombi, le Clarks e una mesh marina, come se venissi fuori dal film Rockers. Adesso invece è di nuovo di moda. Questo è il vero ritorno della cultura, dello stile e dell’identità giamaicani» – Welshy Fire

Se hai letto questo articolo, ti potrebbero interessare anche

pop

Fra jazz e pop, un'intervista con la musicista di base a Londra

pop

Francesca Bono, Fabrizio Tavernelli, Giovanni Milani, Łukasz Mrozinski, MaNiDa, Linda Collins, Analogic, ÈRÌN Collective e Bambini sperimentali

pop

Una compilation di inediti e un’intervista doverosa e divertentissima per il compleanno dell’etichetta bolognese