Mark Hollis: mi piace il silenzio

La morte di Mark Hollis, già leader dei Talk Talk e maestro segreto del pop, da tempo lontano dalle scene

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«Mi piace il silenzio. Mi ci sento perfettamente a mio agio, sai, non mi crea problemi». Da ieri il silenzio ha un suono diverso, però, e siamo noi a sentirci più soli, ammutoliti. È morto Mark Hollis, nato a Londra il 4 gennaio del 1955 e conosciuto in tutto il mondo per essere stato il cantante dei Talk Talk.

Autore di un unico disco solista nel 1998, il musicista si era ritirato dalle scene oramai da 20 anni (l’unica fugace apparizione a suo nome da allora fu un lampo strumentale di appena 54 secondi intitolato "ARB Section 1" nel 2012, per la serie tv Boss).

Dopo quel meraviglioso disco omonimo forse non era più possibile dire altro. I diciotto secondi di silenzio con cui si apre "The Colour of Spring" schiudono un mondo di intima e delicatissima meraviglia: composizioni lievissime e definitive, dense e aeree, articolate e naturali, uno stato di grazia e di resa che probabilmente doveva avere come necessario contrappasso la successiva scomparsa dalle scene.

Forse Hollis, conscio di aver raggiunto vette altissime, preferì negli anni non rischiare di scendere dall’empireo al quale si era consegnato con questo lavoro e che ora lo consegna definitivamente alla storia della musica di ieri, di oggi e di domani. Una raccolta di canzoni di una intensità difficilmente sostenibile, otto tracce semplicemente straordinarie, uno scrigno colmo di segreti sussurrati con un filo di voce, così fragile e personale da ricordare per certi versi quella di un altro grande inglese, Robert Wyatt.

Oppure, Hollis, continuò a vagare nel silenzio, in quel muto e lento precipizio pieno di spazi e di suoni come satori che gli si era spalancato dinanzi ai tempi di Spirit of Eden (1988) e Laughing Stock (1991), due perfetti suicidi commerciali che furono capaci di aprire universi alla musica pop e non solo. Forse si è consegnato alle terre del silenzio nelle quali non si sentiva straniero né braccato dalla necessità di dover per forza dire qualcosa. Less is more, ce lo hanno sempre detto i più grandi. La cosa più difficile, nell’arte, è togliere, e restare solo con l’essenziale.

Protagonista di un successo straordinario con la sua band negli anni Ottanta, aveva anche calcato il palco del Festival di Sanremo nel 1986 con "Life’s What You Make It". Fa un certo effetto vedere il video di quell’esibizione adesso e quasi come un regalo beffardo del destino, proprio oggi, mentre compulsiamo il telefono condividendo messaggi di cordoglio (come avessimo perso uno di famiglia) con tanti musicisti, giornalisti e semplici appassionati scossi come noi, scopriamo anche un demo inedito, intitolato "Crying in the Rain", risalente addirittura al 1979. Non piove, da queste parti sembra non piova da secoli, ma anche noi abbiamo pianto ieri.

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