Dura da più di 60 anni anni l’amore dei giamaicani per le scarpe Clarks Desert Boots, e finalmente l’azienda inglese, dopo un’edizione dedicata nel 2012 alla Trojan Records, gli rende omaggio con una versione speciale che richiama i colori della bandiera giamaicana, definita dal noto DJ inglese David Rodigan «special edition dub plate style version». È l’occasione per ripercorrere questa storia d’amore, alla ricerca di canzoni e libri dedicati a queste scarpe.
Nate dall’ingegno di Nathan Clark, il nipote di uno dei soci fondatori, queste scarpe traggono la loro ispirazione dalle calzature indossate dagli ufficiali britannici al Cairo. Nathan le propose per la prima volta nel 1949, ma l’idea non venne accolta con molto entusiasmo; a discapito della diffidenza mostrata verso il suo prototipo, decise comunque di lanciarla ufficialmente alla fiera della calzatura di Chicago del 1950. Il successo fu immediato e gli editori di “Esquire Magazine” gli concessero un ampio spazio redazionale facendo crescere le vendite a dismisura.
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Nel 1965 l’azienda decise di lanciare il modello in tutta Europa e in breve tempo l’interesse verso le Desert Boots crebbe così tanto da farle identificare semplicemente con la dicitura “Le Clarks”.
Non solo in Europa, visto che in Giamaica diventano uno status symbol per i rude boy che frequentano le dancehall: senza quelle scarpe nei piedi non c’è speranza di invitare le ragazze a ballare, non sei considerato trash ‘n’ ready, alla moda. Le scarpe da ballo sono sempre state una priorità per i giamaicani e i primi a interessarsene in campo musicale sono i Wailers, all’epoca un trio vocale, incidendo nel 1966 “Dancing Shoes” per la leggendaria etichetta Studio One: Skatalites come backing band e alla voce solista Bunny Wailer, scomparso lo scorso 2 marzo.
Nel 1974 il cantante B.B. Seaton, già membro dei Gaylads, inciderà al Channel One una canzone dallo stesso titolo: è un reggae-funk, genere di moda al momento.
Ma torniamo al nostro argomento principale: come già raccontato nella recensione dell’ultimo album di Vybz Kartel, nel 2010 Adidja Palmer – questo il suo vero nome –, Popcaan e Gaza Slim mettono sul mercato il singolo “Clarks”, costruito sul Mad Collab riddim: successo immediato, non solo in Giamaica.
«Il cuoio è resistente, la pelle scamosciata è soffice, lo spazzolino da denti rimuove la polvere velocemente, tutti mi devono chiedere dove ho ho preso le mie Clarks».
La febbre non accenna a scendere al punto che lo storico nonché DJ britannico Al Fingers pubblica nel 2012 il libro Clarks in Jamaica, nel quale cerca di tracciare la ricca storia della comunità dancehall ed esplora la rilevanza delle Clarks all’interno di questa scena musicale: «Crescendo in Inghilterra sono sempre stato affascinato dall’amore dei giamaicani per le Clarks», spiega Fingers, «e dal modo in cui all’interno della musica reggae e dancehall si fa riferimento al marchio. La canzone di Vybz Kartel ha portato il fenomeno all’attenzione di molte persone nel 2010 ma la relazione risale a molto tempo prima e io volevo ricordarlo, evidenziando il lavoro di artisti come Dillinger e Little John che cantarono l’amore per le Clarks molti anni prima».
Ed ecco che tre anni dopo, in collaborazione con l’etichetta inglese Greensleeves, Fingers assembla la versione musicale del suo libro, una compilation di 21 brani anch’essa intitolata Clarks in Jamaica. E allora via con titoli come “Clarks booty”, “Clarks booty style”, “Put on Me Clarks”, “Trash and Ready”, “Lean Boot”, con nomi che vanno da Trinity a Super Cat, da Michael Palmer a Josey Wales, solo per nominarne alcuni.
E proprio Josey Wales è il nome di uno dei protagonisti del romanzo Breve storia di sette omicidi (Sperling & Kupfer) – breve si fa per dire, visto che le pagine sono quasi 700 – dello scrittore giamaicano ma residente negli Stati Uniti Marlon James: è il 1976, mancano due giorni al “concerto per la pacificazione” organizzato da Bob Marley (nel romanzo chiamato sempre “il Cantante”) quando sette uomini armati fanno irruzione nella sua casa al 56 di Hope Road con l’obiettivo di ucciderlo, episodio ricordato da Marley nel brano del 1979 “Ambush in the Night”.
Kingston Downtown è spaccata in due: da una parte ci sono i sostenitori del conservatore Edward Seaga, dall’altra quelli del progressista Michael Manley, su posizioni filo-cubane, e in mezzo la CIA, poliziotti corrotti, droga, armi, soldi, stupri, miseria e tanta violenza. Nel 1971 Delroy Wilson aveva pubblicato la canzone “Better Must Come”, la si sentiva risuonare ovunque nel ghetto, dava voce alla speranza, ma le cose non sono proprio andate così.
Il libro comincia in maniera violenta: alcune persone armate entrano in una baracca e uccidono i genitori di un ragazzino che si salva nascondendosi sotto il cadavere del padre.
«È ancora per terra e mi dice di scappare, di scappare adesso perché loro torneranno a prendersi le Clarks che ha ai piedi e tutto quello di un qualche valore che c’è in casa e la faranno a pezzi, la casa, in cerca di soldi anche se lui li ha messi tutti in banca. Lui è lì sulla porta. Io gli tiro via le Clarks ma gli vedo la testa e vomito. (…) L’altro dice ti hanno sparato, piccolo? Io non riesco a parlare, riesco solo a dire le Clarks sono delle buone scarpe, le Clarks sono delle buone sc…, e quello con la pistola fa clic e qualcuno urla, ma quanto gli piace sparare a quello stronzo di Josey Wales!».
Anche in un momento così terribile le Clarks sono la priorità da salvaguardare: se non è amore questo… Clarks ah mi want!
«Da sempre Clarks è la scarpa numero uno in Giamaica. Non solo ora, sto parlando dagli anni 50 a oggi. Le Clarks hanno superato l’esame del tempo in Giamaica. Sono arrivate altre scarpe ma tutte hanno dovuto inchinarsi davanti alle Clarks» – il produttore Bunny Striker Lee, scomparso il 6 ottobre dello scorso anno