Lo strano caso del signor Grog Vim

Il ritorno dei Larsen, torinesi da esportazione fra post-rock e esoterismo

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Larsen
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Di colui al quale l’album è intestato dicono: «È un personaggio quasi mitologico, tra figura neo-rinascimentale e leggenda urbana: ci siamo incontrati mentre eravamo in tour». E tuttavia, esplorando internet, non se ne trova traccia. Un’invenzione narrativa, dunque. Scorrendo i titoli, lo scopriamo associato a tal Gordon (pare si tratti del fratello) e intuiamo che sia sceso da qualche parte (sulla Terra?), dove ha compiuto esperimenti, provocato incidenti e lasciato un’eredità, prima di tornare sulla Luna. Altro non è dato sapere, poiché la musica è senza parole, come capita generalmente nel caso della formazione torinese, per sua natura enigmatica anche nella rappresentazione della propria immagine pubblica.

Profeta all’estero più che in patria, dopo due decenni di attività discografica ha acquisito status di culto nei circuiti dell’avant rock esoterico. Lo testimonia indirettamente il rango dei complici reclutati strada facendo: Baby Dee, David Tibet, Jamie Stewart degli Xiu Xiu, Little Annie, Michael Gira degli Swans. In questa circostanza si nota la presenza di un altro “cigno”: l’imponente percussionista/tuttofare Thor Harris, nell’occasione impegnato a maneggiare il trombone.



Che cosa si ascolta, però? Utilizzando formule d’uso comune, potremmo cavarcela con “post rock”, benché si colgano – molto più di quanto avvenisse in passato, forse per via di un marcato ricorso al sintetizzatore – accenti “progressive”. Insistendo sugli stereotipi, verrebbe comodo definirla “colonna sonora di un film inesistente”, siccome la sensazione suscitata è un po’ quella. Ma faremmo torto all’elusiva ingegnosità del progetto, che alla fin fine offre un’abbondante ora di musica al tempo stesso raffinata ed evocativa, solenne e ammaliante. In una parola sola: originalissima.

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