Nella obbligata rassegna di funerali di protagonisti della cultura del dopoguerra, è morto a 89 anni Virgilio Savona. Palermitano di origine, Savona è stato una figura di intellettuale anomala, in un Paese dove il "leggero" della canzone è da sempre stato sinonimo di sciocco. Savona fu tra i maggiori animatori del Quartetto Cetra, cui si aggregò nel 1941 e di cui divenne, in virtù della sua formazione di musicista classico, principale autore di musiche e arrangiamenti.
Il ruolo del Cetra - una delle poche formazioni capaci di restare sulla cresta dell'onda passando con stile e coerenza artistica dalla rivista teatrale alla radio fino alla "giovane" televisione - non si limita al valore nostalgico della memoria di quella bella Italia sorridente e canterina. Con la "Biblioteca di Studio Uno" i quattro (nella formazione "classica" oltre a Savona anche Tata Giacobetti, principale autore dei testi, Felice Chiusano e Lucia Mannucci, moglie di Savona e unica superstite) portano in televisione i classici della letteratura, duettando con i cantanti più in voga, da Mina in giù. Portano soprattutto un diverso approccio linguistico alla canzone: virtuosismo lessicale e metrico capace di piegare la difficile sintassi dell'italiano come pochi vi erano riusciti fino a quel momento, e come pochi vi riusciranno in tempi di "canzone d'autore", qualche decennio dopo. Una capacità di parlare in prosa, in un italiano "vero", anche cantando; un contributo decisivo al diffondersi non solo di una nuova canzone, ma della stessa lingua nazionale, che negli anni Sessanta ancora pochi imparano come lingua madre. Ovvio pertanto il tributo del Club Tenco, che premiò Savona nel 1994 e gli dedicò la Rassegna nel 2004.
La leggerezza del Cetra è radicalmente lontana dalla musica leggera "di consumo" tratteggiata dalla cultura di sinistra negli anni Sessanta. Per questo l'esperienza di Savona, eccentrica e per molti versi opposta a quella di altri intellettuali suoi coetanei, sembra avere una coerente continuazione nel suo lavoro di operatore culturale negli anni Settanta. Un'esperienza decisiva per la nostra cultura, curiosamente dimenticata nei tributi pubblicati sui maggiori quotidiani. Così - senza bisogno di "scusare" la leggerezza, o di redimerla con quello che viene dopo - vediamo lo stesso spirito che animava il Cetra nell'Endrigo o nel Lauzi degli anni Settanta, o in Gaber (con cui Savona collaborò per "Sexus et politica", del 1970), o ancora nella prosa visionaria di Gianni Rodari, che Savona musicò per l'"Opera delle Filastrocche", commissionatagli da Luciano Berio. Anomalo sempre, anche nel suo doppio ruolo di musicista e discografico. Come co-fondatore (con Armando Sciascia) dei Dischi dello Zodiaco guida per anni una pionieristica esperienza di discografia semi-indipendente italiana, cui si devono - tra gli altri - i dischi degli Inti Illimani. Come ricercatore insieme a Michele Straniero compila raccolte dedicate ai canti del mare, alla Resistenza, alla Grande Guerra, al Fascismo... Leggero? Certo, ma nel modo giusto.
Il ruolo del Cetra - una delle poche formazioni capaci di restare sulla cresta dell'onda passando con stile e coerenza artistica dalla rivista teatrale alla radio fino alla "giovane" televisione - non si limita al valore nostalgico della memoria di quella bella Italia sorridente e canterina. Con la "Biblioteca di Studio Uno" i quattro (nella formazione "classica" oltre a Savona anche Tata Giacobetti, principale autore dei testi, Felice Chiusano e Lucia Mannucci, moglie di Savona e unica superstite) portano in televisione i classici della letteratura, duettando con i cantanti più in voga, da Mina in giù. Portano soprattutto un diverso approccio linguistico alla canzone: virtuosismo lessicale e metrico capace di piegare la difficile sintassi dell'italiano come pochi vi erano riusciti fino a quel momento, e come pochi vi riusciranno in tempi di "canzone d'autore", qualche decennio dopo. Una capacità di parlare in prosa, in un italiano "vero", anche cantando; un contributo decisivo al diffondersi non solo di una nuova canzone, ma della stessa lingua nazionale, che negli anni Sessanta ancora pochi imparano come lingua madre. Ovvio pertanto il tributo del Club Tenco, che premiò Savona nel 1994 e gli dedicò la Rassegna nel 2004.
La leggerezza del Cetra è radicalmente lontana dalla musica leggera "di consumo" tratteggiata dalla cultura di sinistra negli anni Sessanta. Per questo l'esperienza di Savona, eccentrica e per molti versi opposta a quella di altri intellettuali suoi coetanei, sembra avere una coerente continuazione nel suo lavoro di operatore culturale negli anni Settanta. Un'esperienza decisiva per la nostra cultura, curiosamente dimenticata nei tributi pubblicati sui maggiori quotidiani. Così - senza bisogno di "scusare" la leggerezza, o di redimerla con quello che viene dopo - vediamo lo stesso spirito che animava il Cetra nell'Endrigo o nel Lauzi degli anni Settanta, o in Gaber (con cui Savona collaborò per "Sexus et politica", del 1970), o ancora nella prosa visionaria di Gianni Rodari, che Savona musicò per l'"Opera delle Filastrocche", commissionatagli da Luciano Berio. Anomalo sempre, anche nel suo doppio ruolo di musicista e discografico. Come co-fondatore (con Armando Sciascia) dei Dischi dello Zodiaco guida per anni una pionieristica esperienza di discografia semi-indipendente italiana, cui si devono - tra gli altri - i dischi degli Inti Illimani. Come ricercatore insieme a Michele Straniero compila raccolte dedicate ai canti del mare, alla Resistenza, alla Grande Guerra, al Fascismo... Leggero? Certo, ma nel modo giusto.