Tempo di Festival di Sanremo, tempo di pagelle. L’edizione 2021 rinuncia per la prima volta al pubblico in sala, e senza il problema degli anziani in poltronissima che si addormentano dopo il TG di metà sera Amadeus si permette (più del solito, ed è tutto dire) dei ritmi da salvaschermo di Windows 95. Ma tanto – in fondo – fuori mica ci sono concerti da andare a vedere?
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Dunque, sprofondiamoci nel comodo divano del pop italiano: le nostre pagelle del Festival di Sanremo 2021, al primo ascolto, a caldo, senza pensarci troppo.
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Le pagelle delle Nuove proposte
1. Gaudiano – “Polvere da sparo”
Pettinato come Felipe di Mafalda e con un carisma analogo, Gaudiano viene a Sanremo «per esorcizzare il suo dolore» con una storia triste e una canzone di quelle che ammiccano per dirti «ehi, hai visto, ho scritto un testo intelligente», come un Fabrizio Moro qualunque.
VOTO 6
2. Elena Faggi – “Che ne so”
Una Arisa per l’epoca di TikTok vestita come una Barbie anni ottanta, ma il pezzo è carino, ed è arrangiato molto poco alla Sanremo (e quindi bene). E infatti, puntualmente, viene fatto fuori subito.
VOTO 6,5
3. Avincola – “Goal”
Con il look di un fuoricorso del DAMS di lunga data, Avincola è la quota-indie dei giovani di Sanremo, in quel mondo in cui essere giovani e indie significa mangiare la pasta con tonno sul divano e vantarsi di quella volta che ti sei sbronzato in Piazza Verdi.
VOTO 18 «proprio perché così non la vedo tornare al prossimo appello»
4. Folcast – “Scopriti”
Si parla molto bene di questo Folcast, ma a quanto pare senza nessuna ragione.
VOTO 4
Le pagelle dei Big
1. Arisa – “Potevi fare di più”
Pezzone sanremese scritto da Gigi D’Alessio. Quei pezzi di Gigi D’Alessio che sai benissimo dove vanno a parare dopo tre battute, prodotti ben scritti frutto di un decennale artigianato di altissimo profilo. Poi invece, DE BOTTO SENZA SENSO: uno hi-hat trap, perché ok il melodico ma bisogna essere giovani (stessa cosa fece il fortunatamente dimenticato Alberto d’Urso l’anno scorso).
VOTO 6 e Premio OK boomer
2. Colapesce e Dimartino – “Musica leggerissima”
Domenica pomeriggio uggiosa, fine anni settanta, i Matia Bazar sulla Rai. Bel pezzo, girerà molto bene in radio (e potrebbe piacere agli amici russi di Ciao 2020).
VOTO 8 e Medaglia speciale Perestroika
3. Aiello – “Ora”
Aiello può vantare la dizione di un ultras della Vigor Lamezia, e la stessa delicata grazia nel portare il canto. [EDIT: è di Cosenza, ma ci siamo capiti]
VOTO 5 e Premio «C’HO RABBIA»
4. Francesca Michielin e Fedez – “Chiamami per nome”
Se sei Fedez è difficile fare ancora un pezzo imbarazzante. Ma lui – fuoriclasse – ce la fa lo stesso. La Michielin, di spalla, ha il ruolo ripetere ripetere parole parole a caso nel testo testo. Un duetto molto atteso, che fa rimpiangere i tempi di Federica Carta e Shade.
VOTO 2 e Premio strutture ricorsive
5. Max Gazzè e Trifluoperazina Monstery Band – “Il farmacista”
C’è stato un tempo – vi ricordate? – in cui eravate giovani, con più capelli, con molte speranze, c’era la lira, Megan Gale nelle pubblicità della Omnitel e Max Gazzè era un cantante interessante. Poi – come è successo? – è diventato il vecchio zio che racconta sempre la stessa barzelletta, con la stessa canzone che al secondo 00:01 sai già che partirà il tempo saltellante che fa tanto cantautore brillante. Si veste da Leonardo Da Vinci per cercare di convincerci che non è veramente Max Gazzè, ma lo si sgama subito.
VOTO 4, risate a denti stretti e Premio «Sagra della polketta»
6. Noemi – “Glicine”
Brano pulito, molto sanremese, che scivola via senza lasciare grandi ricordi. Ma in fondo la mia vita è già abbastanza complessa da non dovermi ricordare anche le canzoni di Noemi. Potrebbe girare bene in radio.
VOTO 6 e Premio Annalisa
7. Madame – “Voce”
Non è un brano sanremese, non colpisce al primo ascolto e Dardust ci fa un paio di dardustate di troppo, ma Madame è già di un’altra categoria.
VOTO 8
8. Maneskin – “Zitti e buoni”
Esiste un misterioso fenomeno psicoacustico, che chiameremo «effetto Vibrazioni», per cui un gruppo che a Sanremo propone un riffettino di chitarra elettrica e un paio di occhi bistrati diventa immediatamente un gruppo rock. Di solito il primo a reagire è il regista Rai, che prontamente attacca le luci strobo («Smarmella!») proprio a palesare che sì, quello che state vedendo è veramente rock. È ovviamente il caso dei Maneskin, che sono ancora bloccati in quella che Freud chiamava la «fase Van Halen», e provano dunque ancora piacere nel fare questo genere di pezzi «apri tutto». Ora, io non mi tolgo dalla testa che i Maneskin – senza X-Factor, senza un po’ di narrazioni hip su maschi, femmine e cantanti – sarebbero un gruppo da Pagella Rock. Senza nulla togliere a Pagella Rock, beninteso.
VOTO 6 e Targa speciale «fase Van Halen»
9. Ghemon – “Momento perfetto”
Maledizione, Ghemon potrebbe diventare il The Weeknd italiano, e invece è regredito alla fase Neffa (ma non il Neffa bravo). Occasione sprecata.
VOTO 5
10. Coma_Cose – “Fiamme negli occhi”
I Coma_Cose sono uno di quei gruppi di cui non si può dire male se vuoi essere rispettato dai colleghi giornalisti. Anche se pensi che facciano troppi giochi di parole. Anche se trovi che siano circondati da uno hype ingiustificato. Certo, alcune canzoni sono molto belle, e fresche originali. Ma questa “Fiamme negli occhi” musicalmente sembra più un revival del Jovanotti epoca Una tribù che balla che non i Coma_Cose. Il che può essere un bene oppure un male, a seconda delle vostre opinioni sull’uno e sugli altri. Ma ci devo riflettere un momento. Me la cavo, per il momento con un
VOTO 6.5, e prestigioso premio «Sono la rana dalla bocca larga»
11. Annalisa – “Dieci”
Brano pulito, molto sanremese, che scivola via senza lasciare grandi ricordi. Ma in fondo la mia vita è già abbastanza complessa da non dovermi ricordare anche le canzoni di Annalisa. Potrebbe girare bene in radio.
VOTO 6 e premio Noemi
12. Francesco Renga – “Quando trovo te”
È di nuovo quel momento dell’anno in cui bisogna tirare fuori i vostri Renga dagli armadi per fargli prendere aria. È bene lasciarli sul balcone un momento prima di utilizzarli, magari sbatterli un minimo per liberarli dalla polvere.
VOTO 1 Questo Paese ha già sofferto abbastanza.
13. Fasma - “Parlami”
La serata si era aperta con un pezzo vecchio con un trap beat a fingerlo giovane, e coerentemente si chiude con un pezzo vecchissimo ma cantato con l'auto-tune: “Parlami” di Fasma è un brano che fa rivalutare il calibro di un Irama, per dire.
VOTO 2