«Senza pietà» cantava Anna Oxa, e del resto il divertimento massimo di Sanremo è quello di parlare male delle canzoni. Questa prima direzione artistica di Amadeus dà, in questo senso, ottimi spunti. Dopo i primi 16 artisti in gara di ieri, ecco allora le pagelle della seconda serata del Festival di Sanremo 2020. Rigorosamente in diretta, rigorosamente al primo ascolto, con il beneficio di prendere delle grandi cantonate, e senza risparmiare nulla.
Le pagelle delle canzoni di Sanremo 2020 (prima serata)
Le pagelle delle canzoni di Sanremo 2020 (seconda serata)
Le strane coppie: duetti vintage a Sanremo
Le pagelle delle canzoni di Sanremo 2019
Le pagelle dei duetti di Sanremo 2020
I GIOVANI
Gabriella Martinelli e Lula, «Il gigante d’acciaio»
Bella energia e canzone ben scritta, anche se, come sempre in questi casi, chi ha una promettente carriera da autore arriva all’Ariston con un pezzo che per accontentare tutti non contenta nessuno. Ci chiedevamo però quando sarebbe arrivata l’attesa canzone paracula ma che ti fa pensare, tipica di Sanremo, ed è arrivata subito in apertura di serata.
VOTO 6,5 e Premio Speciale Senso di colpa “Giorgio Faletti” (l’anno scorso, lo ricordiamo, se lo aggiudicò Daniele Silvestri).
Fasma, «Per sentirmi vivo»
Al primo ascolto un pezzullo pop con l’Auto-Tune messo a caso. Ma, a discolpa di Fasma, la produzione di studio che si ascolta su internet ha un senso, e non è affatto male. Ma forse i tecnici di Sanremo mettono l’Auto-Tune un po' così, come mettere un filtro su Instagram.
VOTO 6
Marco Sentieri, «Billy Blu»
Per qualche secondo si spera nell’omaggio agli 883 di Jolly Blu, invece è lo stucchevole pezzo che deve coprire la casella “bullismo” di Sanremo 2020. Mi chiederei perché e se non c’erano idee migliori, ma se entri in quel tunnel di domande alle 21.15 della seconda serata di Sanremo non ne esci più. Non male l’arrangiamento dell’orchestra.
VOTO 5,5
Matteo Faustini, «Nel bene e nel male»
Ma che è sta roba? Ma davvero?
VOTO 2 e Premio Irama 2020 per la tristezza
I CAMPIONI
Piero Pelù, «Gigante»
Avete presente quel tizio che negli anni Ottanta aveva la moto e suonava blues nelle birrerie, e poi è invecchiato ma ancora gira con la camicia aperta, le catenazze sul torace villoso ormai sale e pepe, e lo trovi al bar alle 9 del mattino che si fa il primo bianchetto? È Piero Pelù.
VOTO 5 e Premio Bar Mario
Elettra Lamborghini, «Musica (e il resto scompare)»
«Innamorata di un altro cabrón» è il verso top del Sanremo di quest’anno, ma dall’arrivo del reguetón al Festival ci aspettavamo qualcosa di più che un twerking buttato lì a fine pezzo. Insomma, se vuoi fare il trash devi farlo fino in fondo, non basta la tutina da sci sexy stile Prato Nevoso ’95. Per fortuna che adesso arriva Enrico Nigiotti.
VOTO 5
Enrico Nigiotti, «Baciami adesso»
Ecco, tra vent’anni Nigiotti starà al bar al posto di Pelù. Ma mi tocca parlare della canzone. Anche se fosse dignitosa (e non lo è), l’anno scorso Nigiotti era venuto col pezzo che parlava del nonno, e mi spiace ma non è cosa che si possa perdonare.
VOTO 1 chi dimentica è complice
Levante, «Tikibombom»
A quanto pare i linguisti hanno da poco identificato una nuova vocale che si articola a metà strada tra la ä e la œ, ed è simpatica Levante a sostituire tutte le a e le o per divulgarla alle masse televisive. CIÄO SONO LA RÄNÄ DÄLLÄ BOCCÄ LÄRGA. Anche la canzone rimane un po' lì a metà.
VOTO cinquœ e cinquœ
Pinguini Tattici Nucleari, «Ringo Starr»
Sanremo quest’anno è a un livello tale di performance live che escono i Pinguini Tattici Nucleari e sembrano la PFM del 1972. Che in realtà, come quasi tutte le band indie del 2020, suonano piuttosto come i Righeira del 1983. Ed è lo Stato Sociale del 2019 (la band, no il welfare) il modello anche troppo evidente di questa partecipazione al festival. «In un mondo di John e di Paul io sono Ringo Starr», proteste per l’esclusione di George.
VOTO 6,5
7 cose sul Festival di Sanremo che ho scoperto stando a Sanremo durante il Festival
Tosca, «Ho amato tutto»
Si possono fare delle buone canzoni d’amore vecchio stile a Sanremo? Sì, Tosca ne ha una (è di Pietro Cantarelli, già collaboratore di Fossati). La canta con aplomb d’altri tempi, senza sbrodolare troppo e senza per forza far vedere che sa cantare (che è una cosa che fanno quelli che sanno cantare, di solito). La canzone meglio scritta tra quelle di quest’anno.
VOTO 8,5
Francesco Gabbani, «Viceversa»
Canzone gradevole, orecchiabile con un bel testo, gli manca sempre qualcosa per prendere il volo. Insomma, una aurea mediocritas sanremese. Per la salomonica logica democristiana che presiede alla vittoria finale fin dal 1951, potrebbe pure piazzarsi bene. [EDIT: dopo la prima classifica è in effetti in testa].
VOTO 7
Paolo Jannacci, «Voglio parlarti adesso»
Non brutta, ma neanche bella. Inutile. E spiace.
s.v.
Rancore, «Eden»
Il «ta ta ta» del ritornello è un tentativo così maldestro di rifare l’hook di «Soldi» (il pezzo è cofirmato da Dardust) che fa quasi tenerezza. E a parte il ritornello, che svecchia un po’ il tutto, ci deve essere un universo parallelo in cui il rap italiano si è fermato alla fine degli anni Novanta, l’epoca gloriosa in cui Frankie hi-nrg era grande e Riccardo Sinigallia il suo profeta. Certo, il testo è molto ben scritto. Ma non mi tolgo dalla testa l’idea che Rancore sia quel rapper che piace soprattutto a quelli che non ascoltano rap (non che sia un male, beninteso).
VOTO 6,5
Junior Cally, «No grazie»
Tanto tuonò che piovve. Il pezzo che mezza Italia pensava parlasse di femminicidio in realtà – lo si sapeva, bastava leggere – è uno sfogo sanremesamente edulcorato che parla di politicamente scorretto senza poter essere politicamente scorretto perché siamo a Sanremo. Il che lo rende non particolarmente interessante. Ha un bell’arrangiamento e un ritornello («No no no grazie») che si fa ricordare.
Junior Cally, femminicidio e moralisti a Sanremo
VOTO 7
Giordana Angi, «Come mia madre»
Esce sul palco all’una e 18 di una notte lunghissima, dopo un monologo eterno sulle condizioni dei giornalisti nel mondo. Difficile annoiare di più, ma lei è una fuoriclasse e ce la fa, grazie a una canzone sulla mamma. «E se un giorno sarò una mamma, vorrei essere come mia madre».
VOTO zzz e Premio Cuore (il libro, non il giornale)
Michele Zarrillo, «Nell’estasi o nel fango»
E finalmente all’una e trenta arriva al Festival di Sanremo un ritornello fatto come si deve, bello retorico come si deve, con l’orchestrona e la voce che va su su su. Peccato sia una canzone di Michele Zarrillo.
VOTO 5