Le pagelle dei duetti di Sanremo 2020

Potevano mancare le pagelle della serata dei duetti del Festival di Sanremo? Trash, ego, stecche e il meglio (e il peggio) della canzone italiana

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Potevano mancare le pagelle della serata dei duetti, quella in cui i cantanti  di Sanremo danno il peggio di sé mortificando se stessi e i classici della canzone italiana? Qualcuno si è salvato, qualcuno no, qualcuno è rimasto sommerso dal suo ego, ma il Festival di Sanremo è anche questo. Ecco allora il peggio della serata del giovedì di Sanremo 2020. Che non raggiunge le vette dei duetti vintage del 1990, ma che ha comunque offerto momenti di entertainment di alta classe.

Le pagelle delle canzoni di Sanremo 2020 (prima serata)

Le pagelle delle canzoni di Sanremo 2020 (seconda serata)

Le strane coppie: duetti vintage a Sanremo

Le pagelle delle canzoni di Sanremo 2019

Le pagelle dei duetti di Sanremo 2020

Michele Zarrillo & Fausto Leali, «Deborah»

Ti presenti con Leali che fa «Deborah», che oggettivamente gli viene bene visto che fa solo quello dal 1968. Puoi anche metterti in secondo piano, muovere la bocca a tempo e badare a non farti notare troppo. Che è anche un po’ la sintesi della carriera di Zarrillo.

VOTO Uno, nessuno e centomila

Junior Cally & Viito «Vado al massimo»

Per convincere il pubblico generalista di Sanremo che i rapper non fanno uso di droga, Junior Cally sceglie un pezzo reggae di Vasco Rossi. Sarà o non sarà, funziona, pur con qualche problemino qui e là.

VOTO 6

Marco Masini & Arisa, «Vacanze romane»

L’arrangiamento promette molto bene, con il piano e un po’ di elettronica minimale. Masini attacca nel registro di octobasso per permettere alla sua accompagnatrice di prendere per bene quella nota acuta nel ritornello, difficile e bellissima. Beau geste, ma inutile. Entra Arisa, e in Corso Matteotti partono gli antifurti. A quel punto vale tutto, entra l'orchestra, gli archi ci mettono un po’ di accordoni a gusto loro, cori quanto basta, rutto libero e arriviamo alla fine velocemente grazie. 

VOTO 5

Riki & Ana Mena, «L’edera»

«L’edera» era un pezzo melodrammatico, cantato benissimo da Nilla Pizzi e scritto molto bene nello stile un po’ stucchevole del Sanremo anni Cinquanta. Riki e Ana Mena lavorano di sottrazione, e a forza di levare (nel senso di ritmo in) riescono a ridurla a un pezzo solo stucchevole.

VOTO 3

Raphael Gualazzi & Simona Molinari, «E se domani»

Siccome Gualazzi ha – lo dicevamo già l’altro giorno – la nomea del cantautore raffinato, può ormai mormorare qualunque canzone sbattendoci dentro qualche svogliata sesta o nona negli accordi e convincere tutti di essere un vero jazzista e non un pianista di pianobar. La verità, come spesso avviene, sta nel mezzo.

VOTO 5,5 e uno scudo bianco in campo azzurro

Anastasio & PFM, «Spalle al muro»

Come già Cally, anche lui ci aggiunge una strofa rap, e non è affatto male l’idea del dialogo tra generazioni, che è il tema del pezzo di Mariella Nava. Purtroppo quel che resta della PFM, per adeguarsi al suo ruolo («vecchio, diranno che sei vecchio» canta Di Cioccio), si è proprio dimenticata di scrivere un arrangiamento.

VOTO 7 e Premio Speciale OK BOOMER

Levante + Francesca Michielin e Maria Antonietta, «Si può dare di più»

Originale la scelta di canzone, bella l’idea di farla in downtempo, brave la Michielin e Maria Antonietta, e spiace solo che Levante non avesse sputato la cingomma prima di cominciare.

VOTO 6,5 e si attacca al lavoro del tuo dentista

Spiace solo che Levante non avesse sputato la cingomma prima di cominciare.

Alberto Urso + Ornella Vanoni, «La voce del silenzio»

Uff.

VOTO 2 

Elodie + Aeham Ahmad, «Adesso tu»

Aeham Ahmad è sfuggito alla guerra in Siria, e si ritrova sul palco di Sanremo a fare una cover di Ramazzotti. Poteva andargli peggio, ma anche meglio. Elodie, dal canto suo, sceglie insensatamente una tonalità troppo bassa, mentre l’arrangiamento cerca di risolvere la cosa puntando su una grande raffinatezza nella scelta di timbri e soluzioni. Ma è pur sempre «Adesso tu», eh, che raffinatezza vuoi fare? E dai. 

VOTO 5

Rancore + Dardust e La rappresentante di lista, «Luce»

Rancore reinventa la strofa, e la canzone di Elisa si presta molto bene al ping-pong tra il cantato della Rappresentate di lista e il rappato. Dardust saltella come gli è sindacalmente imposto, senza sforzarsi più di tanto di ritoccare l’arrangiamento dell’originale, ma il tutto sta su con dignità.

VOTO 6,5

Pinguini Tattici Nucleari, medley

Invece di cantare una canzone ne mettono in fila un tot, tutte tra le più note del festival. Sulla carta una bella idea, se fossero Elio e Le Storie Tese. Ma invece sono i Pinguini Tattici Nucleari, e l’effetto è quello della festa di leva di Lequio Berria, quando ormai dopo il decimo brindisi di Favorita la band è più sbronza del pubblico, i diciottenni si abbracciano urlando e speriamo non ci siano gli sbirri lungo la strada che se ci fermano ci tolgono la patente che abbiamo appena preso.

VOTO 5 Bri-gi-tte Bardò Bardòooo

Enrico Nigiotti + Simone Cristicchi, «Ti regalerò una rosa»

Pura pornografia dei sentimenti. Simone Cristicchi è il Massimo Gramellini della canzone italiana, e questo pezzo era stucchevole già quando se lo cantava da solo. Diciamo che interpretarlo con il tizio che cantava “Nonno Hollywood” non migliora le cose.

VOTO 1 

Giordana Angi + Solis String Quartet, «La nevicata del 56»

Sulla sottile linea tra la raffinatezza e la noia, Giordana Angi tutto sommato riesce a non farsi fregare da un pezzo molto difficile.

VOTO 6,5

Le Vibrazioni + Canova, «Un’emozione da poco»

Qui siamo al livello di una cover da pub, anzi quel momento delle cover band da pub dove sul palco salgono anche gli amici a fare i cori.

VOTO 2

Diodato + Nina Zilli, «24mila baci»

Finalmente qualcuno che non si prende troppo sul serio: bella cover, divertita e divertente, con tanto di coreografie e giacche di lamé – per non parlare di una Nini Zilla in versione Frida Kahlo psichedelica. A un certo punto sembra persino di intravedere Diodato che sorride, ma dev'essere uno scherzo delle luci.

VOTO 7,5

Tosca + Silvia Perez Cruz, «Piazza Grande»

Tosca insegna un’altra lezione: l’orchestra può anche essere gestita con un po’ di delicatezza, senza per forza metterci i tappetoni d’archi. Ma è tutto l'arrangiamento a incantare, per come scova delle chitarre in sapore di fado nell’originale di Dalla, ed evolve poco a poco in un divertissement finale tutto vocalizzato. E infatti vince la serata, visto che votano i professori d'orchestra.

VOTO 8

Rita Pavone + Amedeo Minghi, «1950»

Che pezzone «1950», però no no no no non si fa così, un po’ di dignità diamine.

VOTO 5

Achille Lauro + Annalisa, «Gli uomini non cambiano»

Lauro in un castigato completo verde versione Bowie-Jocker (ma del Batman anni Settanta) è brillante più per la scelta del pezzo che non per l’esecuzione, tutto sommato «normale» per i suoi standard. Ma il suo modo di giocare con i ruoli di genere, nel contesto di Sanremo e nell’anno delle polemiche sul sessismo, è da ricordare.

VOTO 6,5

Bugo e Morgan, «Canzone per te»

La cover della meravigliosa «Canzone per te» di Endrigo chiarisce fin dall’attacco che il duo Bugo-Morgan è in realtà un trio con Bugo, Morgan e l’ego di Morgan. Che suona il piano, canta sopra Bugo (senza alcuna logica), finge di dirigere l’orchestra, passeggia per il palco, straparla al microfono. Il risultato è impresentabile, e Bugo ha la faccia di quello che «io non ci volevo venire ma lui ha insistito».

VOTO 2 + l'ego di Morgan

La cover della meravigliosa «Canzone per te» di Endrigo chiarisce fin dall’attacco che il duo Bugo-Morgan è in realtà un trio con Bugo, Morgan e l’ego di Morgan

Irene Grandi + Bobo Rondelli, «La musica è finita»

Rondelli ha capito il mood esistenzialista del pezzo di Bindi (che rimane un capolavoro assoluto) e lo fa ammodino. La Grandi lo canta come se stesse cantando «Bruci la città» al karaoke. La media tra le due cose tira via una sufficienza.

VOTO 6 

Piero Pelù, «Cuore matto»

Pelù risolve il problema duettando direttamente con il suo ego (e con un video di Little Tony). Però sa quello che fa, e il pezzo – virato un po’ in versione Litfiba anni Novanta – è perfetto per lo scopo. Lui lo interpreta con la verve di un Bruce Springsteen che canta «Born to Run» («Cuore matto»!) per uno stadio di cinquantamila persone, correndo per la sala e dimostrando di tenere molto alla salute del suo cuore, chissà qual è il suo segreto.

VOTO 7 e Premio Danacol

Paolo Jannacci + Francesco Mandelli, «Se me lo dicevi prima»

Nel vedere Jannacci che fa Jannacci sale un po’ quella tristezza che viene nel vedere De Andrè che canta De Andrè, Graziani che canta Graziani, o Enrico Nigiotti che canta Enrico Nigiotti. Jannacci junior canta meglio del padre, ma il padre stonava infinitamente meglio. Se ci aggiungiamo che il dialogo interiore di Jannacci (senior) che faceva le voci di entrambi i personaggi qui diventa un dialogo reale tra Jannacci (junior) e Francesco Mandelli... 

VOTO 4

Nel vedere Jannacci che fa Jannacci sale un po’ quella tristezza che viene nel vedere De Andrè che canta De Andrè, Graziani che canta Graziani, o Enrico Nigiotti che canta Enrico Nigiotti.

Elettra Lamborghini + Myss Keta, «Non succederà più»

Elettra Lamborghini in all-white che fa Claudia Mori. Poi esce Myss Keta, e tra mossette e balletti siamo in una soap messicana. Cult trash immediato.

VOTO 7

Francesco Gabbani, «L’italiano»

Il pezzo è incredibilmente adeguato a lui, e si capisce molto da dove arrivi (almeno vocalmente parlando): da quel lungo asse che da Celentano passa per Cutugno e arriva fino a oggi. Con la mossa di presentarsi vestito da astronauta ha forse vinto il Festival (o se no ci andrà vicino). Povero Gabbani. È un onesto cantante, ma dopo la scimmia «Occidentali's Karma» tutti si aspettano che si inventi qualcosa, ma ormai sono le due di notte e lui vorrebbe fare altro. Come anche me, del resto.

VOTO 6,5-Free-Gabbani

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