Dopo quella dei Beatles all’inizio degli anni Sessanta, ecco che 15 anni più tardi un gruppo di ragazzi neanche ventenni scatena quella che possiamo definire “la seconda rivoluzione di Liverpool”: tra Echo and The Bunnymen, The Teardrop Explodes, Big in Japan e Wah! Heat, l’autore di Revolutionary Spirit: A Post-Punk Exorcism Paul Simpson, uno dei protagonisti di quella scena, ricostruisce la propria vita di musicista che avrebbe potuto avere un grande successo ma che, per vari motivi, non lo raggiunse mai, se non nelle Filippine (!).
È una storia fatta di musica, appartamenti squallidi e freddi, miseria e fame, look fantastici creati con abiti di seconda mano, droga (le descrizioni delle serate trascorse sotto l’effetto degli acidi sono esilaranti), risate, lutti e, soprattutto, amicizia. È sì un memoir musicale ma allo stesso tempo un testo di storia sociale.
È una storia fatta di musica, appartamenti squallidi e freddi, miseria e fame, look fantastici creati con abiti di seconda mano, droga, risate, lutti e, soprattutto, amicizia.
Paul Simpson è stato il frontman di The Wild Swans ma ha anche formato gruppi con Ian McCulloch, Ian Broudie e Julian Cope, e per un certo periodo ha ospitato nel suo piccolo appartamento una giovanissima ma già ambiziosa Courtney Love – «un giorno mi vedrete sulle copertine di NME e Vogue» – ma per sua stessa ammissione è stato una voce periferica nella scena musicale di Liverpool, anche se leggendo la sua autobiografia ci si fa un’idea diversa.
«Sono una voce periferica sulla scena. Voci più importanti della mia hanno sempre avuto il controllo della narrazione. Quando inizialmente il mio agente prese contatto con gli editori, questi ultimi furono molto onesti e diretti: “Ci piace il tuo stile di scrittura ma semplicemente non sei abbastanza famoso da rendere attuabile questo progetto”» – Paul Simpson in un’intervista concessa a The Guardian
Dopo aver inanellato una serie di rifiuti, il libro esce per una casa editrice indie, la Jawbone Press, giusto in tempo per diventare la lettura che mi ha accompagnato durante le vacanze natalizie e il mese successivo.
Revolutionary Spirit è la storia intensa, spesso spassosa, del cammino verso la fama e il riconoscimento artistico di un musicista di Liverpool e segna al contempo l’arrivo di una voce letteraria originale.
«Se Morrissey è stato l’Oscar Wilde della scena indie degli anni Ottanta, Simpson ne è stato il suo William Blake» - www.goodreads.com
Un genio autodistruttivo così perso nelle visioni mistiche di una nuova Arcadia da non riuscire a pagare l’affitto di casa, la cui carriera comincia in compagnia dei luminari Ian McCulloch, Bill Drummond, Will Sergeant, Pete Wylie, Pete Burns («You spin me right ‘round, baby, right ‘round / Like a record, baby, right ‘round, right ‘round») e Holly Johnson («Relax, don’t do it / When you wanna go do it / Relax, don’t do it / When you wanna come») al celebre Eric’s club, dove, nel 1976, Simpson si ritrova proprio quando sta nascendo la seconda grande esplosione della città.
«In quegli anni – sto parlando di quelli compresi tra il 1976 e il marzo 1980, quando il locale fu chiuso dalla polizia – ci suonarono quasi tutti: si fa prima a elencare chi non lo fece» - Paul Simpson
Con Cope e McCulloch forma A Shallow Madness, gruppo punk sensibile all’influenza di Captain Beefheart e scioltosi a causa dei continui scontri degli ego dei due sunnominati.
Partecipa alla fondazione del gruppo pop neopsichedelico The Teardrop Explodes e addirittura ne suggerisce il nome.
«Quando Julian Cope, Mick Finkler, il batterista Dave Pickett e io stavamo discutendo sul nome da dare al gruppo, successe che stavo sfogliando pigramente un fumetto e fui colpito da un frame nella storia che diceva qualcosa del tipo “Improvvisamente su Central Park… The Teardrop Explodes”, suggerendolo agli altri» - Paul Simpson
Bene, è quasi fatta, di lì a poco i Teardrop Explodes raggiungeranno un successo di poco inferiore a quello di Echo and The Bunnymen, le preoccupazioni economiche stanno per finire…e invece no, perché Simpson pensa bene di lasciare il gruppo e andare a lavorare in una sala da tè.
Fa in tempo a partecipare al primo singolo del gruppo, “Sleeping Gas”, che sul retro presenta “Camera camera” e “Kirkby Workers Dream Fades”, uscito nel settembre del 1979 per l’etichetta Zoo Records, creata da David Balfe, già bassista coi Big in Japan di Jayne Casey, e Bill Drummond, successivamente membro di KLF, e poi «lemon or milk, sir?».
Di quel primo periodo rimane un video, la prima apparizione televisiva del gruppo impegnato nella proposizione di “Camera camera”: come fa notare con ironia Simpson, il presentatore dimentica di nominarlo tra i membri del gruppo (ah, ho dimenticato di dire che all’epoca lui era un tastierista) e durante l’esecuzione del brano non viene quasi mai inquadrato. Però scopriamo che il sabato successivo a questo passaggio televisivo, il gruppo avrebbe fatto da spalla ai Wire all’Eric’s club: non so voi ma io ci sarei andato di corsa.
Ritorna alla musica formando nei primi anni Ottanta The Wild Swans, l’indie band preferita dagli adolescenti con menti letterarie, con cui incide la canzone che dà il titolo al libro, brano molto apprezzato dal celebre dj radiofonico John Peel. Alla batteria e alla produzione c’è Pete De Freitas, batterista nei Bunnymen e grande amico di Simpson con cui per un certo periodo ha anche diviso un appartamento, scomparso in seguito a un incidente in moto all’età di 27 anni.
Le pagine dedicate a ricostruire questo tragico avvenimento sono tra le più toccanti del libro, un vero atto d’amore in memoria di un grande amico andatosene troppo presto.
«I figli sfidano i loro padri; perdono la via immersi nella foschia / I loro cuori come alabastro si spezzano e si sbriciolano quando si baciano / Interrompi la tua stupida preghiera, siamo venuti per bandire la terra / Io sto in piedi come San Sebastiano con amore per un’autorità superiore / Tutto è silenzioso dove gli angeli hanno paura / O mie relazioni di sangue, lo spirito rivoluzionario è qui / Tutto è silenzioso dove gli angeli hanno paura / O mio erede in linea diretta, lo spirito rivoluzionario è qui» - Revolutionary Spirit
È poi la volta dei Care con Ian Broudie di The Lightning Seeds - progetto che abbandona mentre è in corso la registrazione dell’album d’esordio -, senza dimenticare un matrimonio, la paternità, una brutta malattia tropicale e un divorzio, avvenimenti intervallati da collaborazioni artistiche con il già citato Bill Drummond e membri di The Brian Jonestown Massacre.
Dopo una reunion con Julian Cope sul palco della Royal Festival Hall, Simpson scopre che a più di 10.000 chilometri di distanza, nelle Filippine, è considerato un dio della musica: suite presidenziali, guardie armate, scorte di polizia, dopo che si è indebitato per affrontare il tour ed è arrivato a Manila nel pieno di un uragano tropicale di proporzioni colossali – il libro si apre col racconto divertente di questa tumultuosa avventura filippina.
Revolutionary Spirit è la storia di un musicista guidato dalla fede incrollabile che l’integrità artistica alla fine porterà i suoi riconoscimenti e si conclude con una sorta di esorcismo quando Simpson finalmente si libera del demone debilitante della depressione psicologica che ha agito, da quando aveva solo nove anni, come un malware sullo sfondo della sua vita.
«La prima cosa che ho scritto era su Pete. Ho usato una storia sulla condivisione di un appartamento con lui per il lato B di un singolo del 2009 dei Wild Swans, “The Coldest Winter for a Hundred Years”. Tutti ti dicono di come il drumming di Pete fosse parte integrante della scena di Liverpool ma non di come fosse semplicemente una persona adorabile. Lui ha avuto una grande influenza calmante su di me. Hai 19 anni, mangi ancora fagioli direttamente dalla scatoletta ma Pete arriva a casa con due sgombri e un mazzo di aglio e si mette a cucinare per noi due. Preparava la tavola per la colazione! Nessuno lo fa. Non solo sembrava un arcangelo uscito da un quadro del sedicesimo secolo ma si presentava come tale. Era meraviglioso e io gli ero affezionatissimo. Ho voluto intrappolare quel tempo nell’ambra» - Paul Simpson a proposito di Pete De Freitas in un’intervista concessa a The Guardian