ITALODISCHI #6 2024 – Sessione di recupero

Quello che c'eravamo persi, e una stroncatura eccellente: Cosmo, Cesare Basile, Indianizer, Gustavo, Chaos Shrine, Huge Molasses Tank Explodes

Cesare Basile
Articolo
pop

Errare humanum est, diceva quello là, e quindi figuriamoci se in nove mesi di ascolto non mi sono perso qualche titolo degno di nota: magari è arrivato troppo tardi, magari l’ho snobbato senza volerlo, magari me lo sono bucato per distrazione. Chissà. Fatto sta che una nuova puntata di questa rubrica, fatta apposta per recuperare alcuni titoli meritevoli ma non segnalati in precedenza, ci voleva. E allora spazio agli illustri dimenticati e tante scuse per il ritardo.

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Cesare Basile, Saracena

Prendiamo ad esempio Cesare Basile. Dalla fine degli anni Novanta e per un buon decennio è stato probabilmente nell’olimpo del cantautorato italiano, con una serie di dischi che al classicismo del genere abbinava sound e mood prettamente americani. Poi il buon Basile ha deciso di tornare nella sua Catania, e musicalmente ha cambiato pelle, dedicandosi a una riscoperta delle tradizioni della sua regione, scrivendo pezzi in siculo e mischiando folk ancestrale e arrangiamenti moderni. Confesso che questa svolta non l’ho mai percepita nelle mie corde, e forse per questo ho prestato poca attenzione al suo ultimo album, Saracena; fino a quando non ho visto Cesare in un live e mi sono ricreduto. Il mix delle sonorità tradizionali con l’elettronica (senza contare la chitarra e gli altri strumenti) mostra un livello inedito di contaminazione, e risentendo l’album con maggiore attenzione si scopre un mondo. Forse davvero Basile ha trovato in questa modalità stilistica la sua reale dimensione.

Gustavo, Non lieu

Se vogliamo rimanere in ambito "cantautorato sui generis", vi consiglio caldamente di dare una chance a Gustavo, perché se quest’ultimo Non lieu fa la fine del suo predecessore Dischi volanti per il gran finale se ne accorgeranno in pochissimi, perdendo l’occasione di sentire un artista veramente fuori dal comune. Lui si chiama Francesco Tedesco, a nome Gustavo ha solo un altro disco all’attivo, ma ha una carriera ventennale e sembra navigato come pochi. La prima cosa a cui far caso sono i testi, arguti e ficcanti come pochi: in realtà nascono come poesie e solo successivamente sono messi in musica. E qui viene il bello, poiché invece della solita, prevedibile formula di arrangiamenti acustici, l’autore va a pescare in tutt’altri lidi, prendendo dal jazz e dal funk, con una predominanza dei fiati a puntellare ritmicamente canzoni dal mood scattante e dalle atmosfere disorientanti. Sentire per credere.

Huge Molasses Tank Explodes, III

C’è poi questa band milanese, Huge Molasses Tank Explodes, che andrebbe citata già solo per la scelta del nome. L’enorme serbatoio di melassa che esplode, va beh, complimenti per la fantasia. Ma complimenti anche per la qualità di questo disco, III. Direi che esplosivo può comunque essere l’aggettivo giusto per descriverlo: le chitarre, decisamente il suono più marcante dell’album, passano dal noise alla psichedelia allo shoegaze con notevole disinvoltura, con riferimenti che vanno dai Can ai Mogwai, dagli Hawkwind ai Loop (il gruppo cita tra le influenze Neu! e Spacemen 3, perché no, in effetti). Per chi ama il suono chitarristico spinto agli estremi, questo disco mostra una maturità invidiabile.

Indianizer, Oasi

Cambiamo tipo di sound ma manteniamo elevato il livello di energia, e salutiamo Oasi, il quinto album (se non abbiamo sbagliato i conti) degli Indianizer. Questa band torinese ha da sempre un sound molto contaminato che non rinnega nulla: riferimenti etnici (soprattutto africani) ed elettronica da dancefloor, fantasia tropicalista e ossessività kraut rock, insomma il crocevia ideale tra la psichedelia e la musica da ballo. Restando in Italia, un ibrido tra Mau Mau e I Hate My Village, se rendo l’idea. E col ritmo sempre in primo piano, tant’è vero che quando questo rallenta le canzoni convincono meno. Oasi resta però nell’insieme un disco esuberante e festaiolo, una raccolta che ti mette allegria e ti infonde la carica giusta.

Chaos Shrine, Mirror Division

Se però volessimo rallentare i bpm e sostare un attimo in zona chill out, adatto alla bisogna sarà Mirror Division, album d’esordio di Chaos Shrine. Questo duo, composto da Paul Beauchamp e Andrea Cauduro, sulla carta distribuisce i compiti abbastanza chiaramente (elettronica e suoni Paul, chitarre Andrea), ma in definitiva i ruoli sono molto mischiati e l’esito è sicuramente un lavoro collettivo. Le atmosfere spaziano da una forma di downtempo molto astratto a istanze di dubstep che lambiscono territori di sperimentazione noise; se le basi sono fondamentalmente elettroniche, il pregevole contributo chitarristico di Cauduro fa la differenza. Il risultato è estremamente seducente ed evita la trappola di certa ambient fine a se stessa, poiché il sound è consistente, composito e ricco di squarci melodici e spunti ficcanti e originali.

Cosmo, Sulle ali del cavallo bianco

Per una volta, visto che i titoli non sono troppi, mi concedo il lusso di una stroncatura eccellente: si tratta di Cosmo e del suo Sulle ali del cavallo bianco. Accolto in maniera controversa fin dall’uscita, successivamente rivalutato fino ad apparire in alcune playlist di fine anno, alla fine mi sono convinto che questo disco sia un bluff. Il tentativo evidente di virare sulla canzone mainstream mostra tutti i limiti di Cosmo in questo senso: evidentemente prima i suoi pezzi funzionavano per l’amalgama riuscito di beat e melodia, ma ora, per voler scrivere canzoni vere, seppur vestite di sovrastrutture digitali, scopriamo che queste non hanno scheletro. Non lasciano il segno, sembrano una parodia sciapa di non so che, lontana sia dal modello sanremese classico che da quello del rap mainstream che va per la maggiore. Cosmo, torna sul dancefloor e lascia perdere: consiglio d’amico.

Con ciò la rubrica vi saluta e vi dà appuntamento a gennaio, quando faremo il punto sull’ultimo trimestre del 2024. Probabilmente in almeno due puntate, visto che al momento il numero di uscite al vaglio ha superato il centinaio…

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