Imagine, un weekend a casa di Lennon

Il libro Imagine John Yoko, a cura di Yoko Ono, racconta con foto, interviste e memorabilia i giorni delle registrazioni di Imagine (e non solo)

Imagine John Yoko
Articolo
pop

Imagine John Yoko
A cura di Yoko Ono
L’Ippocampo, Milano 2018, 320 pp, € 39.90

Se una notte di tarda primavera del 1971 un viaggiatore fosse capitato dalle parti della grande magione georgiana di Tittenhurst Park, nei pressi di Ascot, nel Berkshire, vi avrebbe trovato John Lennon e Yoko Ono intenti a registrare Imagine – la canzone, l’album che porta lo stesso nome e il film ancora così intitolato.

In effetti, in quei giorni tra maggio e giugno, nella grande villa che John aveva scelto per allontanarsi da Londra, dagli studi di Abbey Road, dalla Apple e dai Beatles (da Paul, in particolare), molti viaggiatori passarono: turnisti di lusso (da George Harrison scendendo a Klaus Voorman, Alan White, Nicky Hopkins, Ted Turner a molti altri – tutti insieme avranno registrato centinaia di dischi del rock inglese tra sessanta e settanta), impiegati della Apple, assistenti, un produttore (ma non uno qualsiasi: Phil Spector), figli (Julian, ovviamente), amici di passaggio. Persino un reduce del Vietnam (Curt Claudio) che, scavalcata la recinzione, si accampa in giardino convinto che le canzoni dei Beatles stessero parlando di lui, e desideroso di discuterne con Lennon (viene invitato a entrare e a fare colazione: non era poi così difficile avvicinarsi a John. E non tutti i fan volevano solo parlare, come si sarebbe scoperto meno di dieci anni dopo).

Tutti questi, come in un romanzo corale raccontato da innumerevoli prospettive (da cui l’incipit calviniano di questo articolo), sono le voci che compongono Imagine John Yoko, meraviglioso coffee table book (nel senso buono, di oggetto-libro) curato da Yoko Ono negli Stati Uniti e portato sul mercato italiano dall’editore L’ippocampo (con la traduzione di Paolo Bassotti). 

Imagine John Yoko è, di fatto, l’Anthology di Imagine. Dell’ormai mitico librone dedicato ai Beatles riprende l’idea della narrazione corale, che porta al moltiplicarsi dei punti di vista su eventi in apparenza minori di giornate “normali”, fatte di session, di prove, di colazioni, di chiacchiere, di esperimenti – ma che, a distanza di anni, rivelano la loro eccezionalità: per quanto quel disco è diventato, per quanto la canzone è diventata, per quanto Lennon – soprattutto dopo la morte – è diventato. Il fulcro di tutto è la grande casa di campagna nel Bershire dove John fece costruire il primo home studio professionale d’Inghilterra (Tittenhurst passerà poi a Ringo, che la venderà allo sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan, presidente degli Emirati Arabi fino al 2004).

C’è – in Imagine John Yoko – tutto quello che può soddisfare i nerd di Lennon. Oltre ai racconti di chi era lì, ci sono riproduzioni degli appunti, delle lettere (l’ordine alla Steinway per il pianoforte bianco!), delle scatole dei nastri, delle bozze dei testi. Ci sono le foto promozionali note e meno note, gli scatti preparatori di alcune immagini iconiche (e – diamine – quanto erano fotogenici John e Yoko). C’è l’elenco delle strumentazioni usate, e ci sono gli aneddoti su come sono state usate.

Per chi non ama il Lennon solista, o per chi pensa che “Imagine” sia tra le canzoni più sopravvalutate della storia (mi iscrivo alla seconda categoria), c’è comunque molto da leggere e da guardare. Il libro è una lente di ingrandimento su un breve periodo, in uno spazio limitato, che si è poi rivelato di capitale importanza nello sviluppo della pop culture. Si ha l’impressione di entrarci veramente a Tittenhurst, come in una ricostruzione virtuale, o un videogioco, o per passarci un weekend a strimpellare canzoni e bere tè nella grande sala bianca – e spiace quasi chiudere il libro e tornare a casa.

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