Dimartino
Un paese ci vuole
Picicca
Fare il cantautore oggi può essere un mestiere difficile: come essere credibili? Come dire qualcosa di originale? È ancora possibile? Nel circuito del mondo indie italiano - dove da qualche tempo sembrano essere confluiti molti giovani cantautori - la concorrenza è poi particolarmente dura. Il cinismo, l'ironia, un certo sguardo disincantato sul mondo (un po' alla Baustelle) o al contrario una raffigurazione ermetica e violenta della realtà (alla Vasco Brondi) sono in apparenza alcune delle cifre più comuni.
Eppure... c'è un nucleo di cantautori che segue un percorso suo, forse un po' demodé. Neoromantici, potremmo definirli. Dietro c'è la lezione di Battisti, di Ivan Graziani, forse - persino - di Baglioni (non denigratelo, ha fatto cose degne in passato). C'è, soprattutto, un'esposizione dei sentimenti senza ritegno, senza filtro, senza timore di essere presi per poetici. Il siciliano Dimartino si era fatto notare negli anni passati fra le voci più interessanti (anche in senso più propriamente "vocale") della generazione dei trentenni della canzone d'autore, con un paio di album e EP di grande qualità. Un paese ci vuole - terzo lavoro sulla lunga distanza - lo conferma come uno dei campioni di questa citata tendenza "neoromantica". È un album dolce e riflessivo, con una predilezione per canzoni-valzer che amano perdersi in descrizioni e contemplazioni ("Niente da dichiarare", "Case stregate"), e con un gusto particolare per le giornate di fine stagione ("Da cielo a cielo"). Il concept del disco - se di concept si può parlare - è la dimensione-paese, «paese inteso non solo come luogo geografico, ma soprattutto come condizione umana in estinzione, quello che ti porti dentro ovunque tu vada, il paese necessario a conservare i ricordi»: una memoria di Cesare Pavese, evocato nel titolo del disco e nella splendida "Le montagne": "Un paese ci vuole / non fosse che per il gusto di andarsene". Intorno, un universo di rapporti umani, coppie, addii, partenze, vita quotidiana, lungomare, strade, pioggia. Brillano, fra le 12 tracce (di cui una intro, e uno strumentale) la citata "Le montagne", "L'isola che c'è", "Una storia del mare" (cantata insieme a Francesco Bianconi) e "I calendari" (con Cristina Donà).
Fare il cantautore oggi può essere un mestiere difficile: come essere credibili? Come dire qualcosa di originale? È ancora possibile? Nel circuito del mondo indie italiano - dove da qualche tempo sembrano essere confluiti molti giovani cantautori - la concorrenza è poi particolarmente dura. Il cinismo, l'ironia, un certo sguardo disincantato sul mondo (un po' alla Baustelle) o al contrario una raffigurazione ermetica e violenta della realtà (alla Vasco Brondi) sono in apparenza alcune delle cifre più comuni.
Eppure... c'è un nucleo di cantautori che segue un percorso suo, forse un po' demodé. Neoromantici, potremmo definirli. Dietro c'è la lezione di Battisti, di Ivan Graziani, forse - persino - di Baglioni (non denigratelo, ha fatto cose degne in passato). C'è, soprattutto, un'esposizione dei sentimenti senza ritegno, senza filtro, senza timore di essere presi per poetici. Il siciliano Dimartino si era fatto notare negli anni passati fra le voci più interessanti (anche in senso più propriamente "vocale") della generazione dei trentenni della canzone d'autore, con un paio di album e EP di grande qualità. Un paese ci vuole - terzo lavoro sulla lunga distanza - lo conferma come uno dei campioni di questa citata tendenza "neoromantica". È un album dolce e riflessivo, con una predilezione per canzoni-valzer che amano perdersi in descrizioni e contemplazioni ("Niente da dichiarare", "Case stregate"), e con un gusto particolare per le giornate di fine stagione ("Da cielo a cielo"). Il concept del disco - se di concept si può parlare - è la dimensione-paese, «paese inteso non solo come luogo geografico, ma soprattutto come condizione umana in estinzione, quello che ti porti dentro ovunque tu vada, il paese necessario a conservare i ricordi»: una memoria di Cesare Pavese, evocato nel titolo del disco e nella splendida "Le montagne": "Un paese ci vuole / non fosse che per il gusto di andarsene". Intorno, un universo di rapporti umani, coppie, addii, partenze, vita quotidiana, lungomare, strade, pioggia. Brillano, fra le 12 tracce (di cui una intro, e uno strumentale) la citata "Le montagne", "L'isola che c'è", "Una storia del mare" (cantata insieme a Francesco Bianconi) e "I calendari" (con Cristina Donà).