Ryley Walker
Primrose Green
Dead Oceans
Nicholas Krgovich
On Cahuenga
Orindal
Tobias Jesso Jr.
Goon
True Panther
A volte non capiamo se siamo noi ad essere fissati con i cantautori nordamericani o se effettivamente è proprio la musica prodotta da molti di costoro a rappresentare oggigiorno il meglio di quel mondo "indie rock" in passato monopolizzato da band. I nomi li conoscete: Bon Iver, Sun Kill Moon, Sam Amidon, Mac DeMarco, Father John Misty e - ovviamente - Sufjan Stevens, autore - secondo il noto aggregatore di recensioni Metacritic - di uno dei due album del momento (l'altro, se siete curiosi, è la nuova uscita della star hip hop Kendrick Lamar).
Non volendo risolvere il nostro dubbio, abbiamo deciso di andare a caccia di nuovi cantautori da aggiungere, magari in un prossimo futuro, alla lista proposta sopra.
Iniziamo dal più giovane: Ryley Walker. Ha 25 anni, vive a Chicago ed è un virtuoso del fingerpicking con una passione viscerale per le sperimentazioni di John Fahey con la chitarra acustica e, sempre restando tra anni Sessanta e Settanta, per il folk jazz britannico. Insomma, per i Pentangle di Bert Jansch, Tim Buckley, Van Morrison e John Martyn. Giunto al suo secondo album (il primo, All Kinds of You, 2014, era pressoché strumentale), si è fatto accompagnare da uno stuolo di rinomati musicisti di Chicago decisamente più vecchi di lui, soprattutto jazzisti (il bassista Anton Hatwich, il batterista Frank Rosaly, il violoncellista Fred Lonberg-Holm e il vibrafonista Jason Adasiewicz), ma non solo: ci sono anche il chitarrista Brian Sulpizio, il tastierista Ben Boye (già collaboratore di Bonnie "Prince" Billy) e la violista Whitney Johnson. Prodotti da Cooper Crain (membro della band psichedelica Cave), i dieci brani di Primrose Green mescolano e alternano jazz, folk e atmosfere lisergiche in modo raffinato e convincente. Sembrano da un lato provenire da qualche registrazione inizi anni Settanta dimenticata (e questo forse è un limite), ma allo stesso tempo posseggono un piglio personale che non li rende semplicemente derivativi e che ci fa intravedere possibili sviluppi ancor più succulenti. Il nostro preferito, allucinato e all'insegna di un'apparente improvvisazione, è "Summer Dress". Ma non possiamo non consigliare anche "Same Minds", "Sweet Satisfaction" e le sonorità quasi irlandesi dell'unico brano strumentale dell'album, "Griffiths Buck Blues".
Il secondo cantautore della nostra piccola ricerca si chiama Nicholas Krgovich, ha trentadue anni e risiede a Vancouver, in Canada. In realtà non è un debuttante: ha suonato con indie band come No Kids, Gigi e soprattutto i deliziosi P:ano, band di lo-fi orchestral pop (così fu definita la loro musica) da lui co-fondata, e ha collaborato con Phil Elverum (Mount Eerie), Amber Coffman (Dirty Projectors) e Owen Ashworth (Casiotone for the Painfully Alone, Advance Base). On Cahuenga è il suo quinto lavoro solista, ma in realtà è il gemello diverso del precedente, On Sunset, uscito pochi mesi fa. I brani sono gli stessi e compongono una sorta di concept album sul sentirsi soli a Los Angeles. Se, nella prima delle due uscite, i testi malinconici e notturni si mescolavano ad arrangiamenti orchestrali lussureggianti, R&B, soul bianco e dance pop, tanto da far citare ad alcuni Burt Bacharach e Hall & Oates, in On Cahuenga si accompagnano invece al solo suono di un piano elettrico Rhodes. Registrato da Phil Elverum dal vivo in studio, in un solo pomeriggio, l'album (che prende il nome da una zona montuosa di Hollywood) è tanto essenziale e minimalista quanto magico. Una sorpresa. Per verificare, "City of Night" e "Rock's Dream" sono i pezzi da cui si può iniziare.
Last but not least, arriva infine il più conosciuto del trio: anche lui proviene da Vancouver e, curiosamente, anche lui ci propone un album che parla di Los Angeles, dove ha vissuto per quattro anni come chitarrista di scarso successo. Lui di anni ne ha ora quasi trenta (il compleanno è l'11 luglio). Si chiama Tobias Jesso Jr. (nella foto). Goon, "idiota", il suo debutto, contiene dodici pezzi composti dopo la non esaltante esperienza californiana, tornato a casa per accudire la madre malata. Galeotto il pianoforte della sorella, strumento che fino a quel momento non aveva mai pressoché suonato e che è il protagonista dell'album, registrato in gran parte in quel di San Francisco, sotto l'egida di JR White degli ormai defunti Girls (il resto è stato realizzato a Nashville con Patrick Carney dei Black Keys e a Los Angeles con Ariel Rechstaid, producer per Madonna, Beyoncé, Kyle Minogue, Vampire Weekend). Pervaso da un tono piuttosto romantico, ci racconta quanto sia difficile la vita, quante delusioni si provi nell'amore e via discorrendo. Insomma, apparentemente niente di che. Sono pezzi tutto sommato semplici (i nostri preferiti: "The Wait", "For You" e "Tell The Truth"), dove non c'è solo il piano, ma a volte anche un contorno mai invadente di archi, chitarre e percussioni. Ci riportano anche loro, come per Ryley Walker, tra anni Sessanta e Settanta, ma evocano in questo caso Paul McCartney, John Lennon, Elton John, Alex Chilton, l'Harry Nilsson di "Everybody's Talkin'" e "Without You" e persino Eric Carmen. Il rischio di déjà vu c'è anche qui, non lo si può negare, ma Jesso è talmente diretto da convincerci con la sua genuinità. Visto il successo che sta riscuotendo, dobbiamo essere in molti a crederlo. Speriamo che l'avere tra i fan vip come Adele non gli faccia perdere la testa.