La musica ai tempi del lockdown: afroamericana, elettronica e femminile; ecco la nostra classifica dei 20 migliori dischi di rock, rap, elettronica, dance...
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1. Run The Jewels, RT4, Jewel Runners
Al solito in modalità “paga quanto vuoi”, il quarto album realizzato dal produttore bianco El-P e dal rapper nero Killer Mike consolida un’alchimia artistica dal potenziale elevatissimo, generando hip hop che ha portamento da “vecchia scuola” hardcore senza ritirarsi affatto nelle retrovie della nostalgia.
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2. Moses Sumney, græ Pt. 1 & 2, Jagjaguwar
Uscito in due parti tra febbraio e maggio, græ è un affresco complesso e coloratissimo, spruzzato di jazz, art rock e classica, con il falsetto di Sumney a proprio agio all’interno di una costruzione labirintica. Fra i collaboratori si segnalano l’onnipresente Daniel Lopatin, James Blake e Thundercat.
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3. Sault, Untitled (Black Is/Rise), Forever Living Originals
Due dischi pubblicati nel giro di appena tre mesi – il primo addirittura in download gratuito – dal misterioso collettivo con base a Londra. Musicisti in stato di grazia, fra tematiche sociali e una combinazione di suoni che abbraccia l’intero spettro della black music.
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4. Oneohtrix Point Never, Magic Oneohtrix Point Never, Warp
Secondo episodio della collaborazione fra il musicista statunitense e The Weeknd, qui coproduttore esecutivo, Magic vuole restituire la sensazione di una giornata di programmazione radiofonica: è l’occasione per ripercorrere sentieri già battuti e ipotizzare nuove direzioni, apparentemente più accessibili.
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5. Yves Tumor, Heaven to a Tortured Mind, Warp
Nel terzo album della serie, il nomade statunitense Sean Bowie offre black music insieme sperimentale e smaccatamente pop, servendo un cocktail di glamour e radicalità in cui convergono lo Sly Stone dei momenti tenebrosi, il Prince più malfamato e la memoria remota dello Shuggie Otis di Inspiration Information.
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6. Mourning [A] BLKstar, The Cycle, Don Giovanni
Jazz, soul e afrofuturismo politico per questo collettivo multimediale di Cleveland, che mette in scena le canzoni di una diaspora apocalittica e ripercorre la storia della black music immaginandone al contempo il futuro. La politica riparte se riesce a dare voce alle comunità: un messaggio opportunamente attuale.
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7. Bill Callahan, Gold Record, Drag City
Intitola un pezzo “Ry Cooder” e nell’iniziale “Pigeons” si presenta dicendo “Salve, sono Johnny Cash”, salvo concludere con “Cordiali saluti, L. Cohen”. Il nuovo lavoro del cinquantaquattrenne cantautore statunitense è un disco da sfogliare, come una raccolta di racconti di Carver musicata rievocando la Grande Tradizione Americana.
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8. Beatrice Dillon, Workaround, PAN
Incanalando i suoni di una vasta gamma di strumenti acustici (tabla, sax, violoncello, contrabbasso, kora) nei circuiti del laptop, per poi sezionarli e ricombinarli sul canone ritmico dei 150 Bpm, la produttrice britannica ricava musica da club stilizzata: simile per attitudine a un dipinto divisionista.
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9. Phoebe Bridgers, Punisher, Dead Oceans
Secondo album per la venticinquenne cantautrice californiana, artista (pre)destinata al successo che riformula con attitudine “millennial” e talento cristallino, dunque nitido e aguzzo, gli insegnamenti del Maestro Dylan e del compianto Elliott Smith, transitando dal Laurel Canyon abitato da Joni Mitchell.
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10. Agnes Obel, Myopia, Deutsche Grammophon
Il quarto disco dell’artista danese propone sofisticata musica da camera. Edita in febbraio, l’opera ha saputo superare brillantemente i dieci mesi successivi, conservando la sensazione di magia trasmessa al momento dell’uscita. Evanescenza, realtà “altra”, inquietudine: Myopia è tutto questo e altro ancora.
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11. Fleet Foxes, Shore, Anti-
Pubblicato allo scoccare dell’equinozio d’autunno e corredato da un road movie d’impronta paesaggistica, il quarto atto discografico dei Fleet Foxes – ridotti nell’occasione al solo Robin Pecknold – espone argomenti da età adulta, riproponendo tuttavia l’immediatezza idilliaca degli esordi.
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12. Nazar, Guerrilla, Hyperdub
Nazar onora il padre ripercorrendo le vicende della guerra civile che per 27 anni ha sconvolto l’Angola. Gelido rough kuduro attraversato da lampi rumoristi e sintetizzatori industriali: un esordio sorprendente, dove i ricordi hanno contorni sfumati, come in certe produzioni del compagno d’etichetta Burial.
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13. Róisín Murphy, Róisín Machine, Skint
Il disco più allegro dell’anno, nonostante abbia suscitato in noi la nostalgia dei club e della nightlife. Underground disco e house a tratti addirittura euforiche: un messaggio di ottimismo recapitato nel momento più duro del lockdown. Meglio del Prozac.
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14. The Weeknd, After Hours, XO
Fra R&B tossico e pop da classifica, Abel Tesfaye mette in musica alcuni dei suoi testi più schietti, ancorché disturbanti. Personaggio divisivo, da “prendere o lasciare”, ma al momento pochi cantano come lui e “Blinding Lights” è una canzone pop perfetta (da ascoltare il recente remix con il cammeo di Rosalía).
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15. Arca, KiCk i, XL
In copertina sembra Rosanna Arquette in Crash di Cronenberg e all’ascolto si dichiara immediatamente “nonbinary”. Arca è sinonimo di mutamento: anagrafico e sessuale, oltre che musicale. Dal radicale sperimentalismo degli esordi si sposta verso una dimensione quasi “pop”, con la benedizione di Björk e Rosalía.
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16. Nick Cave, Idiot Prayer, Mute
Testimonianza di una performance dal vivo ai tempi del distanziamento, in solitudine all’Alexandra Palace di Londra: voce e pianoforte, nient’altro. L’ha definita: “Una preghiera nel vuoto”. E nell’unico inedito, “Euthanasia”, canta: “Perdendomi, ho trovato me stesso”. Una bussola nei giorni del nostro smarrimento.
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17. Popcaan, Fixtape/YIY Change Fixtape, Unruly
Album dancehall dell’anno, che conferma Popcaan re del genere. Due versioni, una su disco e l’altra, più hardcore, su Soundcloud: la celebrazione di un artista che ha raggiunto il successo internazionale, realizzata coinvolgendo grandi nomi giamaicani e non, senza perdere freschezza e naturalezza tipicamente yardie.
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18. Nicolás Jaar, Cenizas, Other People
«Mi sono isolato in quarantena da qualche parte agli antipodi per potermi concentrare sulla musica», ha spiegato l’autore ante Covid-19, citando quale fonte d’ispirazione Crescent di Coltrane ed evocando lo spleen elettronico di James Blake, l’esistenzialismo sperimentale dei Radiohead e l’astrattismo nottambulo di Burial.
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19. Pa Salieu, Send Them to Coventry, Atlantic
Un anno incredibile per il rapper di Coventry dalle origini gambiane: singoli in heavy rotation sulle frequenze della BBC, video con milioni di visualizzazioni e infine questo mixtape a confermarne il valore. Fra grime e dancehall, con il suo flow autorevole Pa Salieu ha conquistato credibilità da strada.
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20. Calibro 35, Momentum, Record Kicks
Nel settimo album del supergruppo nostrano da esportazione si compie la transizione dall’epopea vintage dei “poliziotteschi” alla contemporaneità, riferita in particolare ai codici della black music. Simboleggia il mutamento la dotazione di voci, inedita o quasi per chi aveva creato finora musica strumentale.
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