Sleaford Mods
Key Markets
Harbinger Sound
Arrivano da Nottingham, essendo più Robin Hood che sceriffi. Brutti ceffi con modi da hooligan. Fanno musica essenziale: ritmi e parole, praticamente nient'altro. Minimalismo senza alcuna velleità intellettuale. Peli sulla lingua: zero. E ce n'è per tutti. Siccome il disco nuovo esce a elezioni scrutinate, finiscono nel mirino sia il laburista Ed Miliband ("Ha preso una brutta bastonata", lo irride "In Quiet Streets") sia il liberaldemocratico Nick Clegg ("Vuole davvero un'altra chance?", domanda "Face to Faces"). Anche se, intervistato da "Uncut", Jason Williamson, voce del duo inglese, spiega: «Sono uno di quei fessi che volevano un governo laburista e hanno votato i Verdi». Ma il quadro politico non è che un fondale per le istantanee di disagio urbano immortalate con disincantato cinismo nei testi dei brani, una dozzina nell'occasione. Stia alla larga chi patisce il turpiloquio: fuck, cunt, twat e wanker sono vocaboli ricorrenti.
Insolente linguaggio di strada, insomma, articolato con marcato accento dialettale al crocevia fra canto e declamazione (gli esperti lo chiamano sprechgensang) su basi che alternano accelerazioni da punk elettronico ("No One's Bothered", "Giddy on the Ciggies") a indolenze dub ("Bronx in a Six", "Tarantula Deadly Cargo"). A descriverlo, sembra tutto sbagliato. E invece è irresistibile. Contagioso, addirittura. Tant'è vero che, da quattro album a questa parte (ossia da quando a metter mano all'arredo sonoro è Andrew Robert Lindsay Fearn), gli Sleaford Mods sono diventati un caso: oltremanica e non solo.