Chuquimamani-Condori, decolonizzare la musica andina

Già nota come Elysia Crampton, l'artista americano-boliviano propone una rilettura personale della sua "folk music"

Condori
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Sono andato a rileggere la nostra classifica dei migliori 20 dischi pop del 2018 e in diciottesima posizione ho trovato il disco omonimo di Elysia Crampton: «Elusiva in termini di genere e geograficamente apolide, la trentaduenne nativa latinoamericana sperimenta una temeraria simbiosi fra antico e contemporaneo, dove la tradizione della remota etnia andina Aymara rivive nell’attualità digitale». 

 E non finisce qui: Google mi ha ricordato che due anni prima, in occasione di C2C 2016, avevo visto Elysia Crampton nella Galleria Grande della Reggia di Venaria Reale: quella fu l’occasione del suo debutto italiano. In quello stesso anno concesse un’intervista a Dazed, nel corso della quale pronunciò alcune frasi illuminanti: «Noi proveniamo da un Paese pesantemente colonizzato che ha adottato il cristianesimo. Ho visto il modo in cui mia nonna ha condotto la sua relazione con quel Dio. Il modo in cui pregava, il modo in cui parlava, il modo in cui evangelizzava, erano già modi indigeni di contatto, e questi modi di essere li chiamiamo pagani in questo mondo moderno. Ma non sono pagani, sono davvero soltanto dei modi di essere che si oppongono ai modi colonizzati dominanti, che sopravvivono senza la consapevolezza di una resistenza o il bisogno di essa, perché quella resistenza è di per sé già irriducibile, nasce dalla sua irriducibilità all’essere colonizzata».

Muovendosi attraverso i lavori di Elysia Crampton, vale a dire una ventina d’anni di attività in qualità di artista multidisciplinare nativa americana, uno può facilmente capire perché la sua opera è una delle più importanti in quel campo. 

La sua comprensione dell’essere persone, della terra, dell’omosessualità e della transessualità dalla prospettiva Quechuaymara - Quechua e Aymara, comunità indigene della regione andina tra Perù e Bolivia – è già (anzi è sempre stata) una forma di resistenza, plasmata da una narrazione irriducibile che non riconosce restrizioni coloniali.

Crampton – nata come donna in California da famiglia originaria della Bolivia, Paese in cui ha vissuto per alcuni anni prima di fare ritorno nel Golden State - ha definito il suo lavoro “folk music”, mettendo in primo piano il suo significato primordiale: musica legata a una costante (ri)definizione di identità attraverso la memoria, la storia e la continuità tra passato e futuro. 

Dagli inizi ai giorni presenti, le evocazioni di huayno – una musica andina e uno stile di ballo che incorporano elementi pre e post-coloniali -, cumbia, saya, caporal, tarqueada e altri stili Huancayo hanno aiutato le comunità andine, anche quelle della diaspora, a crescere sane. La sua musica ha aiutato a curare le ferite inflitte dal colonialismo, anche quelle che in precedenza la gente non era in grado di vedere. 

Miscelando ogni possibile combinazione di melodie e ritmi andini, cumbia sonidera messicana, funk brasiliano, kuduro angolano, versioni rumorose di R&B e altre stranezze, la complessità della sua produzione è unica. Crampton ha influenzato un’intera nuova generazione di produttori, DJ e musicisti, creando uno spazio/tempo non lineare nel quale la gente dell’Abya Yala - “America Latina” nella lingua nativa Kuna – possa sopravvivere e guarire.

Da American Drift del 2015 a Orcorara del 2020, la sua discografia, composta da sei album, ha fatto conoscere ai più attenti e curiosi la storia delle comunità Quechua e Aymara e la loro resistenza al colonialismo.

A questo punto vi sarete già chiesti perché mi sono dilungato a parlare di Elysia Crampton in un articolo dedicato alla figura di Chuquimamani-Condori. Semplice, sono la stessa persona. Con questo appellativo sul finire dello scorso anno ha realizzato l’album digitale DJ E, un incredibile punto d’incontro tra la musica folk e quella da club che ha conquistato sia i recensori di Pitchfork sia quelli di Resident Advisor. L’artista definisce in maniera poetica questo lavoro come «il suono delle nostre cerimonie d’acqua, 40 bande che suonano le loro melodie tutte insieme per creare la cacofonia della prima aurora e il richiamo di Venere, la stella del mattino». 

Costruito partendo da campionamenti di folk andino chopped-and-screwed, l’album è intenso proprio come ci si aspetta dopo aver letto la descrizione che ho riportato: un wall of sound euforico composto da flauti, synth e suoni strani, come il frastuono di una vera sega circolare, a credere a quanto riportato nelle note su Bandcamp.

180.Fact · Fact Mix 937: Chuquimamani-Condori (Dec '23)

Il 10 ottobre 2024, Chuquimamani-Condori si esibisce a Torino al Combo, una serata curata da ALMARE e Metamorfosi Notturne in collaborazione con Gang of Ducks: ascoltate il FACT MIX realizzato lo scorso dicembre e avrete un’idea di cosa aspettarvi.

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