Breve guida alla canzone francese

Giangilberto Monti e Vito Vita pubblicano Gli anni d’oro della canzone francese 1940-1970

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A quanto ne sappiamo, non esiste in Francia un corrispondente del Festival di Sanremo; e neppure possiamo lontanamente comparare la diffusione della canzone italiana classica nel mondo, da "O sole mio" a "Volare", con quella dei cugini d’Oltralpe. Bene: forse c’è più di un motivo per ricredersi.

A riprova, basterebbe leggere il libro, scritto da Giangilberto Monti e Vito Vita, intitolato Gli anni d’oro della canzone francese 1940-1970, pubblicato un paio di mesi fa dai tipi di Gremese. Una mini enciclopedia che va a recuperare una ventina di nomi più o meno noti che hanno dato lustro alla chanson, e che incorpora tanto cantautori quanto interpreti, artisti di grande popolarità e altri meno noti in Italia, ma tutti con un percorso significativo che ha dato qualcosa alla diffusione della canzone francese nel mondo.

Gremese canzone francese

Si parte dai capostipiti come Édith Piaf, Charles Trenet e Léo Ferré per passare da un personaggio anomalo come Boris Vian, si prosegue con i nuovi classici quali Johnny Halliday, Claude François, Gilbert Bécaud e Charles Aznavour, senza dimenticare i grandi irregolari come Michel Polnareff, Nino Ferrer e naturalmente Serge Gainsbourg.

Le schede hanno un formato ideale: lunghe il giusto, una dozzina di pagine circa, con un corredo iconografico molto ricco, e una discografia a corredo (benché concentrata solo sulle pubblicazioni italiane) dettagliata e completissima. La scrittura dei due autori ha inoltre il pregio di scorrere la biografia senza mai eccedere in aspetti pruriginosi (e ce ne sarebbe stato modo…) o nel gossip puro e semplice.

Al contrario, vengono qui messi in evidenza vissuti molto interessanti che però sono paradossalmente poco noti al grande pubblico: ad esempio, la vita breve e pirotecnica di Boris Vian, la cui opera di musicista e autore è solo una delle tante da lui svolte, o quella dal risvolto tragico di Nino Ferrer, che prima del drammatico suicidio aveva scoperto una dimensione musicale ben distante dalle canzonette di inizio carriera per le quali quasi tutti lo ricordano.

È giusto inoltre dare a Cesare quel che è di Cesare, e ricordare quindi che la versione originale di "My Way", prima del testo scritto da Paul Anka e della celeberrima interpretazione di Frank Sinatra, è una canzone totalmente francese: "Comme d’habitude" di Claude François.

Possiamo ovviamente trovare qualche difetto al volume, e come al solito il criterio principale è quello di valutare se i nomi selezionati siano i più rappresentativi o meno. Per conto nostro stridono un po’ i due capitoli “collettivi”: il primo, dedicato alle artiste donna col raggruppamento un po’ forzoso di Françoise Hardy, Sylvie Vartan e altre France Gall, sembra un ghetto anti-femminista che si poteva gestire diversamente; il secondo, dedicato agli chansonnier, ridimensiona alcuni personaggi come Georges Brassens e Jacques Brel che meritavano, a nostro avviso, maggior spazio.

Difficile dire se un testo di questo tipo possa avere un reale riscontro in Italia; c’è anche qui un paradosso curioso, dovuto al fatto che il libro, pur essendo chiaramente rivolto a un pubblico italiano, ha avuto un successo inaspettato nella sua traduzione francese, la cui prima stampa è andata esaurita in poche settimane. Sarebbe bello, e anche una bella soddisfazione, che in Italia si sviluppasse lo stesso interesse.

Anche perché – e questo è il nostro suggerimento per un futuro sviluppo – è un po’ un peccato fermarsi sempre al solito decennio di sbarramento, gli anni Settanta. Ci sono molti altri nomi meritevoli che, nati più o meno in quel periodo, hanno poi lasciato il segno dagli anni Ottanta in poi: i vari Michel Delpech, Alain Souchon, Jean-Jacques Goldman, Renaud, Higelin, eccetera. E sarebbe ancora più sfidante voler riscoprire nomi ancora meno popolari dalle nostre parti, per il semplice fatto che hanno fatto grande musica.

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