È morto nella notte tra il 5 e il 6 luglio 2020 Ennio Morricone, a tutti gli effetti uno dei grandi compositori del Novecento – un secolo che ora, con la sua morte, sembra sempre più lontano, sempre più definitivamente finito.
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Nei prossimi giorni si moltiplicheranno i tributi: chi ricorderà le colonne sonore per Sergio Leone, la riscoperta da parte di Hollywood, lo strano Oscar preso per merito di Quentin Tarantino, il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, forse anche le molte composizione "serie", per cui Morricone avrebbe voluto essere ricordato, sentendosi a volte schiacciato dalla fama di compositore per il cinema.
Noi lo vogliamo ricordare con una sua produzione "minore" – ma "minore" solo per il ruolo che le "piccole" e "leggere" canzoni hanno sempre avuto nei confronti dell'altra musica, quella "pesante" e "grande". Ennio Morricone comincia a lavorare alla fine degli anni Cinquanta come arrangiatore, soprattutto nel contesto della RCA romana, e mette la sua firma su moltissime canzoni in quel momento decisivo in cui il juke-box e il 45 giri si stanno prendendo la scena, e conquistando nuove platee di giovani. L'altro arrangiatore della casa romana è – merita ricordarlo – Luis Bacalov. Dai primi anni Sessanta, e soprattutto dopo il 1964, le collaborazioni pop si fanno meno frequenti: Morricone è ormai un richiestissimo compositore di musica da film (anche se, pure nei Settanta, escono delle perle: ad esempio l'LP Bandierine di Renzo Zenobi).
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Abbiamo scelto qui 10 canzoni di quegli anni, arrangiate da Morricone. Altre notissime, altre minori. In tutte – più o meno chiaramente – si sente quel "tocco" speciale che ti fa dire: «È Morricone».
1. Domenico Modugno, “Apocalisse” (1959)
Morricone comincia a farsi le ossa nella canzone che conta, e alla fine degli anni Cinquanta lavora con Modugno per un pugno di 45 giri, fra cui spicca questo brano minore del cantautore pugliese, fresco di successo internazionale con “Nel blu dipinto di blu”. L’accompagnamento è di pianoforte, ma ci sono un paio di “morriconate”, come i cori da fine del mondo (in tema con la canzone) e qualche apocalittico colpo di percussione…
2. Gianni Meccia, “Il barattolo” (1960)
Morricone comincia a lavorare in RCA, a Roma. L’etichetta – fondata con i soldi del Vaticano – non si è ancora affermata come leader del nascente settore della nuova musica giovane, e lo fa anche grazie al successo di Gianni Meccia, il primo cantautore. Per “Il barattolo” Morricone si inventa un arrangiamento con due parti di… “barattolo”, appunto, per ovviare al set-up minimale a sua disposizione («La RCA era quasi in bancarotta all’epoca»). Mossa brillante adatta al pezzo, che Morricone per sua stessa ammissione mutua dalla musique concrète.
3. Edoardo Vianello, “Abbronzatissima” (1963)
Le tecnologie migliorano, le risorse a disposizione crescono, e Morricone dà il meglio di sé in un pugno di arrangiamenti intorno al 1963. Uno dei più clamorosi è “Abbronzatissima” di Edoardo Vianello, con cui Morricone aveva già lavorato (ad esempio per “Ornella”). Voci in hochetus accoppiate ai fiati e un sound unico, il “vero” Morricone-sound di questi anni, per uno dei capolavori del pop italiano da spiaggia...
4. Gino Paoli, “Sapore di sale” (1963)
...il che ci porta all'altro capolavoro del pop italiano da spiaggia. «Mi avevano detto che i singoli si vendevano dopo i primi 7 o 8 secondi: la gente ascoltava per 15 secondi massimo e poi decideva se comprarli o meno», spiegava Morricone. La soluzione trovata per rendere interessante “Sapore di sale” sta tutta in qui bizzarri tocchi di pianoforte, poche note dissonanti molto poco "pop", che compaiono per la prima volta al secondo 7, e poi ritornano qui e là come una “firma”.
5. Miranda Martino, “Ndringhetendra'” (1963)
Con le armonie della canzone napoletana classica Morricone si trova a suo agio, e i due LP con Miranda Martino restano tra le letture più belle di quel repertorio.
6. Dino e i Kings, “Cerca di capire” (1964)
Morricone in era beat firma – tra le altre cose – questa cover italiana di “I Should Have Known Better” dei Beatles, assegnata al cantante Dino. Non c’è molto lavoro, e possiamo immaginare che Morricone non ci abbia messo molta testa: in realtà, suonano i Kings, e fanno il gruppo beat. Ma il tocco del compositore sembra esserci almeno nei coretti (forse degli stessi Cantori Moderni di Alessandroni, che cantano nel lato A del 45 giri?) che variano quelli originali dei Fab Four e danno un tocco beach pop Italia anni Sessanta.
7. Catherine Spaak, “Questi miei vent’anni” (1964)
Nel film I Malamondo di Paolo Cavara Morricone si trova a co-comporre ed arrangiare questo pezzo per la lolitesca Catherine Spaak (che due anni prima aveva fatto La voglia matta), che canta sensuale in incerto italiano. Un lavoro fatto con la mano sinistra, ma anche qui il Morricone Touch esce, qui e là: sentite le chitarre.
8. Jimmy Fontana, “Il mondo”
Che dire? Pop orchestrale alla massima potenza, le onnipresenti voci dei Cantori Moderni, chitarra elettrica e – secondo la testimonianza di Morricone – anche un filo di elettronica, per dare pasta al tutto.
9. Domenico Modugno, “Uccellacci e uccellini” (1966)
Gli strepitosi titoli di testa cantati di Uccellacci e uccellini – «Ennio Morricone musicò», ci dice Modugno. E ci sono pochi dubbi, tra echi barocchi e chitarre elettriche, flauti dolci e i cori, ormai vero marchio di fabbrica morriconiano.
10. Mina, “Se telefonando” (1966)
Non poteva mancare quello che è forse il contributo più noto di Morricone alla canzone italiana: la voce di Mina, ma anche l'arrangiamento hanno fatto di "Se telefonando" uno dei pochi classici indiscutibili.
Le citazioni di Morricone sono tratte dall'intervista inclusa in Made in Italy. Studies in Italian Popular Music (Routledge), a cura di Franco Fabbri e Goffredo Plastino.