Zavalloni, Puglisi, Bang: la canzone è super
Da Battiato ai Meshuggah, alla Sala Vanni di Firenze per Tradizione in Movimento O Supersong Rework
Si fa presto a dire…sono solo canzonette. O Supersong Rework – progetto di e con Cristina Zavalloni, Fabrizio Puglisi e Jan Bang – è un vero, esaltante e piacevole compendio di cosa si dovrebbe intendere per interpretazione in musica.
Coprodotto in autunno da Festival Aperto di Reggio Emilia e Roma Europa Festival il progetto, dopo riproposizioni in diversi contesti strumentali, si è cristallizzato nella forma trio, scelta che permette alla rivisitazione di una dozzina di brani più o meno celebri di approdare a una sintesi estetica e comunicativa di notevole impatto emotivo. Mischiare pop(lare), rock, metal, cantautorato senza rischiare omologazioni non è facile, serve profondità, apertura mentale e capacità nel dilatare i confini dei linguaggi. Tutti elementi che la Zavalloni e Puglisi mettono in gioco con leggerezza, professionalità e talento. L’allargamento a un alchimista dell’elettronica come Jan Bang a sua volta scelta vincente che sul fronte del suono arricchisce e non poco il contesto creativo complessivo.
Va detto subito che se è vero che l’equilibrio dei tre è mirabile, il ruolo della Zavalloni con la sua straordinaria capacità di entrare nella canzone e tramutarla in qualcos’altro, oggetto malleabile ed evocativo, non ti può che rimanere dentro. Le esperienze della cantante che vanno dalla musica antica alle avanguardie, dal jazz alla sperimentazione scovano in tutti gli angoli della forma canzone insospettabili possibilità di (ri)lettura, di rivitalizzazione, di rovesciamento dei canoni. "Untitled #1" dei Sigur Rós trasfigura in poesia pura, dove il dettaglio, il silenzio, il sospiro, disegnano un’atmosfera sospesa. "Summer on a Solitary Beach" di Battiato suona come un‘ironica/onirica operetta. Il frizzante calore brasileiro di "O que será" di Buarque risalta in un caleidoscopio ritmico e coloristico di grande fascino. "O Superman" della Anderson con la sua estraniante circolarità e immobilità si fa esempio coinvolgente di teatro sonoro contemporaneo.
La Zavalloni si supera, anche dal punto di vista del gesto, con "Future Breed Machine" degli svedesi Meshuggah. Brano incandescente, metallo puro, astratto e dissacrante che la vede giocare due ruoli vocali, uno distorto e inquietante l’altro più umano ma volutamente incomprensibile. In questo pulsante contesto pianoforte, toy piano e fender rhodes di Puglisi, si muovono sempre al limite di una lettura, anticonvenzionale e ricchissima di spunti, che garantisce punto di riferimento ma contemporaneamente serve anche come trampolino per tuffarsi in avventurose escursioni fuori tema. Bang fa della sobrietà, rarissima per chi usa marchingegni elettronici, la propria cifra creativa che ben aderisce al progetto. Cattura suoni, li trasforma, parole, le modella e getta come aspetto sognante, ma anche ritmico, nel dialogo a tre, come elemento vitale, non neutro sottofondo. Non chiamiamole canzonette.
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