A Venezia un “Matrimonio segreto” secondo tradizione
Per il Carnevale il Teatro La Fenice presenta un nuovo allestimento dell’opera di Domenico Cimarosa
Negli ultimi tempi era praticamente scomparsa dai teatri lirici italiane, ma in questa stagione Il matrimonio segreto pare essersi ripresa prepotentemente la scena. Dopo gli allestimenti nello scorso autunno al Teatro alla Scala e al Teatro Massimo di Palermo, in concomitanza con la ripresa di quest’ultimo allestimento al Teatro Regio di Parma, a Venezia il Teatro La Fenice inaugura un nuovo allestimento dell’opera di Domenico Cimarosa nel programma del Carnevale in alternanza con il rodatissimo Barbiere di Siviglia con la regia di Bepi Morassi.
Ultimo di una lunga serie di creazioni anche musicali originati dal ciclo pittorico Le mariage à la mode di William Hogarth, soprattutto in area inglese e francese, il libretto di Giovanni Bertati sviluppa al massimo grado l’intreccio fatto di equivoci e colpi di scena con protagonisti sei personaggi nella dimora del mercante bolognese Geronimo. Questi cerca di piazzare la primogenita Elisetta al conte Robinson per tentare la scalata sociale. Solo che il Robinson si invaghisce della figlia cadetta del mercante, Carolina, che è però sposata segretamente con Paolino, il segretario del padre. E per completare il quadro, sul giovane Paolino ha messo gli occhi la matura Fidalma, sorella di Geronimo e ricca vedova.
Come il libretto di Bertati rappresenta uno degli esempi più brillanti di opera comica italiana, così il regista del nuovo allestimento veneziano, Luca De Fusco, resta solidamente ancorato ai modi della tradizione italiana, diligentemente rievocati con calligrafica precisione e basso tasso di innovazione. Qualche timida apertura alla tecnologia si vede soprattutto nelle videoproiezioni di Alessandro Papa dei disegni di gusto fumettistico di Laura Farina, stridente rievocazione di un immaginario erotico settecentesco, ben meno significativi di molte testimonianze iconografiche dell’epoca, sulle pareti specchianti della scena fissa disegnata da Marta Crisolini Malatesta, che invece per i costumi resta fedelissima all’epoca della vicenda.
Se lo spettacolo, tutto sommato, scorre, anche e soprattutto in virtù del ben assortito sestetto di interpreti, manca decisamente di brio la direzione musicale affidata ad Alvise Casellati, bacchetta poco inventiva ma meticolosa nella concertazione, anche se talora carente nel coordinamento con i solisti in palcoscenico. Mancando una guida incisiva, fra i cantanti si impone chi ha più numeri e certamente ne ha molti Lucrezia Drei che disegna una Carolina di forte carattere e di ottime doti vocali e sceniche. Al suo fianco, Juan Francisco Gatell è un Paolino reso nel segno di mozartiana eleganza. Più terragno invece il ritratto del conte Robinson secondo Omar Montanari, solidamente ancorato alla tradizione del buffo nostrano. Più compassati, invece, il Geronimo di Pietro di Bianco e la focosa Fidalma di Martina Belli, comunque di buona resa scenica, come l’Elisetta di Francesca Benitez, apprezzabile soprattutto per la freschezza vocale.
L’Orchestra del Teatro La Fenice assolve più che degnamente il compito, distinguendosi per i preziosi assoli dei legni nelle elaborate arie cimarosiane.
Alla prima pubblico carnevalizio un po’ distratto ma generoso di applausi per tutti.
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