Venerdì di Pasqua con Bach e Pappano
Il direttore musicale dell'Accademia di Santa Cecilia ha diretto la Johannes Passion
Antonio Pappano da qualche anno sta dirigendo le più grandi opere corali del Kantor di Lipsia con i complessi dell'Accademia di Santa Cecilia e questa volta ha presentato la Passione secondo Giovanni. Quindi, dopo anni che la si era ascoltata in questa sede soltanto da gruppi "specializzati", non si è avuta un'esecuzione "filologica". Anche Koopman poche settimane fa aveva diretto un capolavoro corale dello stesso periodo (il Messiah) con il coro e l'orchestra della casa, cercando però una soluzione di compromesso, che rispettasse le regole fondamentali delle prassi esecutiva barocca: invece Pappano legge Bach come un monumento immutabile al di fuori e al di sopra dello svolgersi dei secoli, la cui grandezza non dipende dal rispetto di certe particolarità esecutive. La questione è molto complessa ma non si può dargli torto, anche perché non c'è filologia che possa ricostruire come Bach venisse effettivamente eseguito al suo tempo e, se per ipotesi si riuscisse a farlo, Bach per primo non ne sarebbe contento, perché non era affatto soddisfatto di come si eseguiva la sua musica. Con una boutade, si potrebbe affermare che per essere filologici fino in fondo bisognerebbe attenersi a quanto disse un testimone diretto, cioè uno dei suoi disgraziati (nella duplice accezione del termine) coristi: "Prima egli ci picchiava, poi noi cantavamo orrendamente". La vera filologia sarebbe riuscire a suscitare negli ascoltatori odierni gli stessi affetti, le stesse emozioni, gli stessi pensieri che provavano i bravi luterani della Lipsia del 1724. Ovviamente è impossibile e al massimo si può sperare che quest'interpretazione ci si sia avvicinata. Certamente gli ascoltatori di oggi ne sono stati colpiti, forse più di quelli del tempo di Bach, a giudicare dagli applausi che l'hanno salutata. Pappano ha dato un carattere narrativo, teatrale, drammatico (non melodrammatico, su questo bisogna essere chiari) a tutta la prima metà della Passione secondo Giovanni, scegliendo tempi prevalentemente rapidi e animati, che sono risultati perfetti per i recitativi e per gli interventi dei vari personaggi e della turba, ma non ideali per i corali, che perdevano un po' della loro spiritualità. Ma nelle pagine della passione vera e propria, dalla salita al Golgota in poi, la sua interpretazione diventava più raccolta e spirituale, raggiungendo una drammaticità di tipo diverso, totalmente interiore. Ha avuto come principali collaboratori il magnifico coro preparato da Ciro Visco e l'orchestra, dalle cui file emergevano gli strumenti obbligati delle varie arie, il cui ruolo ha importanza paragonabile a quello dei cantanti: Roberto Gonzalez-Monjas (violino), Raffaele Mallozzi e Valerio Losito (viole d'amore), Andrea Oliva (flauto), Francesco Di Rosa (oboe). E ancora i due organisti Andrea Coen e Daniele Rossi e il liutista Simone Vallerotonda. Tra i cantanti spiccavano il tenore Andrew Staples e i bassi Christian Gerhaher e Roderick Williams. Le due voci femminili erano il soprano Lucy Crowe, un po' anemica, e il contralto Ann Hallenberg, che con la sua magnifica aria della seconda parte ha pienamente riscattato un inizio poco convincente.
Interpreti: Lucy Crowe, Ann Hallenberg, Andrew Staples, Christian Gerhaher, Roderick Williams
Orchestra: Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore: Antonio Pappano
Coro: Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Maestro Coro: Ciro Visco
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