Valčuha il pucciniano
Napoli: successo in Bohème
In questo “post-covid” teatrale è in scena al San Carlo di Napoli con una produzione propria, che avrebbe dovuto inaugurare la scorsa stagione 2020/2021, la Bohème di Puccini. Il pubblico segue fedele, all’ultima replica domenicale il teatro è pieno, nonostante la partita di calcio.
Quarta opera di Puccini, ambientata nella Parigi del 1830 alla gelida Vigilia di Natale, gioca qui su di un'ambientazione inizi Novecento, per costumi soprattutto - in superficie su colori e sfondo delle scene di Carmine Maringola, che sembrano un’ambientazione da sud più che da nord, e sul canto. Selene Zanetti Mimì canta il ruolo con colore tondo, colorature facili; Benedetta Torre Musetta possiede arguzia, verve femminista, con un pizzico di sensualità. Invece Andrzej Filończyk tratteggia un buon Marcello all'inizio, complesso e cinico e molto più incisivo e virtuosistico nel finale. Qualità ne sfoggia questo Rodolfo, Stephen Costello, anche se con vulnerabilità espressa in un timbro pastoso, pieno di malinconie su di un tappeto di echi e ricordi.
Della regia di Emma Dante, per la prima volta al San Carlo, ricordiamo il carattere inquieto dei personaggi, mascherato dietro ai simboli del libretto. Ma non colpisce, già troppo visto in altri spettacoli. Il dramma piccolo borghese c'è, piccoli eroi quotidiani, ma manca una sua lineare costruzione sin dal primo quadro. Manca soprattutto in questo lavoro l'effervescente prima e drammatica poi parabola teatrale. Dopo una terrazza da muri screpolati, con la citazione della stella di Bansky, e con scale e camini, al cambio scena del secondo quadro il Caffè Momus è genialità teatrale tra elementi comici e tragici. Il resto pochi picchi d'interesse. Preti e suore attraversano continuamente il palcoscenico, ritratti nello sfondo con prostitute, transessuali e giovani innamorati.
Per fortuna l'orchestra è ben guidata da Juraj Valčuha – ormai lo sappiamo: Puccini decisamente il suo repertorio - molte pennellate orchestrali, prima cupe di archi e ottoni, come a sottolineare le difficili condizioni di vita dei protagonisti, poi presto più chiare e serene nei legni, a richiamare subito l’amena incoscienza che si addice allo stile di vita dei bohèmiens. Bene anche il coro diretto da José Luis Basso e coro di voci bianche dirette da Stefania Rinaldi nel secondo quadro. Affiorano nostalgie e reminescenze nella musica del finale che il pubblico ha festeggiato con calore, entusiasmo.
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