Una serata musicale ‘galante’ in Villa
La Chigiana anima la sontuosa dimora di Geggiano, presso Siena, con esecuzioni settecentesche di qualità.
Ultimo appuntamento consistente - e ricchissimo di musica - nel Summer Festival dell’Accademia Chigiana, una Notte Barocca ha avuto luogo nel fascinoso quanto appropriato contesto della Villa di Geggiano, dimora nobiliare di villeggiatura situata ai bordi meridionali delle colline chiantigiane, ora sede di una cantina vinicola di qualità. Serata, più che notte, dato che si è iniziato a far musica già a pomeriggio inoltrato (proseguendo fin oltre le undici), e settecentesca, più che barocca: molti brani – soprattutto entro l’ampio concerto finale all’aperto nel ‘teatro di verzura’ del giardino – riguardavano la musica dello ‘stile galante’ di metà secolo, baricentro tra il consolidarsi di ‘gusti nazionali’ proto-settecenteschi e la ridefinizione viennese vista qui nella prospettiva di Mozart, del quale è stata eseguita l’ultima Sinfonia salisburghese (la K 334). Anche il luogo invitava alla declinazione ‘galante’ del XVIII secolo, quando i ‘trattenimenti musicali in villa’ divengono una costante del codice culturale nobiliare: i magnifici interni della Villa, ristrutturata nella seconda metà del Settecento, riflettono il design rococò, ma anche un’ideologia tra l’arcadico e l’illuminista razionale, con la campagna intesa insieme quale svago ideale immerso nella natura e quale spazio di operosità umana (nonché di attività redditizia…). Come nell’intelaiatura di tutto il festival chigiano, il programma è stato sviluppato con docenti dei paralleli corsi di perfezionamento (in questo caso i tre legati all’esecuzione ‘storicamente informata’), tra i quali il violoncellista Marco Testori è stato il perno di una ulteriore collaborazione coi Dipartimenti di Musica Antica del Mozarteum di Salisburgo e del Royal College of Music di Londra, riuniti nella porzione orchestrale del concerto notturno.
La prima parte della serata è consistita di brevi esecuzioni, perlopiù degli studenti, itineranti in differenti ambienti della Villa per poterne ammirare le bellezze. Per ciò che è stato possibile ascoltare, il consort di oboi, emblematico dell’ancien régime nella Francia-Luigi XIV, si è rivelato adattissimo agli esterni, attraverso la riproposta – guidata da Alfredo Bernardini – di movimenti di suite che Charles Desmazures scrisse per una visita della regina di Spagna a Marsiglia nel 1701. Nella cappella e nelle sale della Villa, in evidenza la magnifica interpretazione, curata e fluida in ciascuno dei tre tempi, della bella Sonata op. 15 n. 3 per violoncello e continuo di Giovan Battista Cirri (peraltro impegnativa nella tecnica del pollice capotasto richiesta), da parte di Claudia Cecchinato e Chiara Cattani, o quella non meno positiva di un pezzo del napoletano Supriano – o Scipriani – da parte di Michele Lanzini con Marco Baronchelli alla tiorba per il basso. Godibilissime e professionali le performance degli studenti internazionali di Vittorio Ghielmi alle viole da gamba: duttile e solida Maylis Moreau in brani di Marais e Rousset, quest’ultimo – una air sul basso di ciaccona – anche alla voce, nella migliore tradizione antica delle pluri-competenze esecutive, e sciolta tecnicamente quanto chiara in fraseggio ed emissione Marius Malanetchi in un pezzo di Abel. Il soprano Lucia Pagano si è ascoltata nella medesima aria di Haendel (“Di notte il Pellegrino” dal Riccardo I) sia in salotto accompagnata dal solo cembalo (Simone Gullì), sia nel concerto serale con l’ensemble d’archi, quando ha reso al meglio con piglio e buon appoggio vocale, accanto alle esecuzioni del controtenore Costantin E. Zimmermann e del soprano Giulia Cappello sciorinanti encomiabile sicurezza nelle agilità in altre due aria haendeliane (rispettivamente dal Giulio Cesare). Da segnalare ancora, nell’estratto di un Duetto di Leclair, la partecipazione di due violinisti - Aniri Beatriz Carmenate Suarez e Andy Machado Montenegro - approdati da Cuba ai corsi chigiani grazie al sostegno del programma Transcultura-UNESCO alla formazione internazionale di musicisti caraibici.
L’oboista Bernardini e il violinista Hiko Kurosaki, con Testori al violoncello, Ghielmi alla viola da gamba e Florian Birsak al cembalo, sono stati protagonisti della prima parte del concerto serale: la Sonata a tre in re minore dei catalani fratelli Pla (ma oltre la metà del Settecento, per gli autori della ‘internazionale’ musica italianizzante la provenienza geografica era un dato secondario) non incarna più l’architettura a episodi di Corelli, bensì un organismo discorsivo animato da trascoloramenti di texture, nei quali entra dialogicamente persino il basso; è musica di già compiuta articolazione e raffinato pensiero – che gli interpreti hanno suonato con scioltezza e padronanza – quanto la Sonata K 13 con violino di Mozart, gioiello utile a confermare la superiore qualità ideativa di un fanciullo che non si accontenta di confinare lo strumento ad arco a una funzione di secondo piano e opzionale rispetto alla tastiera, com’era prassi abituale al tempo (siamo nel 1764-65).
Nella parte sinfonica dell’appuntamento, encomiabile è parsa la concertazione di Testori, soprattutto nella cura e nel rilievo delle dinamiche e nella ricerca di soluzioni di fraseggio ben disegnate e non di rado inventive, quand’anche rischiose – in qualche punto – per l’assieme: con un acustica fatalmente dispersiva, era inevitabile, per una compagine in gran parte formata da studenti, incorrere qua a là in problemi di compattezza sonora, ma lodevole è stato lo spirito dell’esecuzione, il ‘piacere di far musica’ comunicato anche attraverso flessuosità che imponevano l’ascolto reciproco, e che hanno comunque vivificato l’interpretazione soprattutto nella Sinfonia di Mozart. Preziosa la proposta dei restanti lavori: la produzione di Johann Christian Bach ha un’eleganza sopraffina e una colorazione chiaroscurale sottile, confermate in due splendidi lavori vocali (ottima la performance vocale di Ekaterina Krasko), mentre la Sinfonia in sol minore op. 40 di Joseph Wölfl, il titolo più tardo del programma, ha mostrato – sullo sfondo dell’ormai matura Wiener Klassik – tratti avanzati e non-convenzionali nel trattamento motivico. Applausi per tutti, anche per il chiurlo che ha duettato col flauto concertante (la brava Paola Troiano) nell’aria dall’Endimione di J. Chr. Bach.
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