Un trattato di mistica coreografata
Kudoku di Daniele Ninarello & Dan Kinzelman dalla Biennale Danza a Mirabilia
Recensione
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Mirabilia è un festival internazionale dedicato al teatro di strada, al nuovo circo e alla danza (“International Circus & Performing Arts Festival”, si definisce) che si svolge da 10 anni con grande successo a Fossano e, da un po’ di tempo, anche in altre località della provincia di Cuneo (Alba, Grinzane, Monforte, Saluzzo, Savigliano). L’edizione di quest’anno (“Plan B for Utopia”) ha ospitato spettacoli di danza contemporanea molto interessanti: [i]PostProduzione[/i] di Andrea Gallo Rosso, [i]Fear Party[/i] di Enzo Cosimi e [i]Postskriptum[/i] degli spagnoli Physical Momentum Project, tanto per nominarne alcuni. Ma la vera sorpresa è arrivata da una performance breve e intensissima che si è tenuta il 2 luglio nella bella cornice dell’Ala di Piazza del Popolo a Savigliano, due settimane dopo il suo debutto assoluto alle Sale Apollinee del Teatro La Fenice di Venezia, all’interno del programma della Biennale Danza. Un debutto, tra l’altro, da quanto possiamo leggere, accolto con altrettanto entusiasmo.
Lo spettacolo di cui vi parliamo s’intitola [i]Kudoku[/i] (termine giapponese che indica nel buddhismo il beneficio ottenuto dalla purificazione dei sensi) ed è il frutto della collaborazione tra Daniele Ninarello e Dan Kinzelman. Il primo è un coreografo torinese trentatreenne, formatosi alla Rotterdam Dance Academy e con artisti del calibro di Bruno Listopad, Felix Ruckert e Virgilio Sieni, e ha acquisito fama, prestigio e riconoscimenti importanti con lavori come [i]God Bless You[/i] (2010), [i]Rock Rose Wow[/i] (2013) e [i]L.A.N.D. Where Is My Love?[/i] (2015).
Il secondo, invece, è un polistrumentista nato nel Wisconsin nel 1982, residente in Italia dal 2005. Conosciuto tra gli appassionati di jazz soprattutto come sassofonista, ha collaborato con Enrico Rava (nell’album [i]Rava On The Dance Floor[/i], ECM, 2012), Mauro Ottolini e Giovanni Guidi ed è leader della formazione Dan Kinzelman’s Ghost, il cui album [i]Stonebreaker[/i] (Parco della Musica Records, 2014) è stato definito una miscela irriverente tra “musica da camera, musica contemporanea, free jazz, ritmi africani e minimalismo orchestrale”.
Due personalità probabilmente dotate di affinità elettive se il risultato è stato appunto [i]Kudoku[/i], dove Kinzelman crea dal vivo una base musicale fortemente minacciosa e caotica, sovrapponendo con una loop station rumori, voci e il suono del sax e del synth. Frutto di improvvisazioni a partire da uno schema prefissato, questo magma sonoro offre a Ninarello, emerso improvvisamente dal buio tra gli spettatori posti sulla scena attorno alla coppia, la possibilità di creare inquietanti e nevrotiche interazioni, altrettanto improvvisate, tra la musica e il proprio corpo. Il risultato è talmente sconcertante che sembra quasi di non riuscire a vedere chiaramente il danzatore, tali sono la velocità e la vibrazione dei suoi movimenti. Come se l’esserci di quell’immagine facesse quasi fatica ad emergere da un fondo oscuro e malvagio, un po’ come capita ai volti distorti e stravolti di Francis Bacon, pittore non a caso amato da Ninarello. Nonostante ciò, mentre le luci in sala si alzano progressivamente e la musica di Kinzelman acquisisce toni più pacificanti, l’orrore dell’esistere sembra lasciare il posto ad un sofferto ma quasi sorridente distacco, che il danzatore rende visibile trasformandosi in una sorta di derviscio sufi, roteando su se stesso e trasformando in luce la tenebra interiore. Insomma, in poco più di venti folgoranti minuti, un trattato di mistica coreografato.
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