Era il Nabucco del 150° dell'unità d'Italia ed è stato veramente risorgimentale, un canto di battaglia perché l'Italia si desti e risorga dalla morte della cultura scientificamente programmata dal governo con i suoi insostenibili tagli. Prima dell'inizio è salito al proscenio il sindaco, che in un breve ma sdegnato e battagliero discorso ha proclamato la mobilitazione della città contro tali provvedimenti. Dal loggione sono stati lanciati volantini: "Italia risorgi nella difesa del patrimonio della cultura". Appello di Muti dal podio prima d'attaccare: "Il 9 marzo 1842 il Nabucco preannunciava il Risorgimento, impediamo che il marzo 2011 preannunci la morte della cultura italiana". E dopo "Va' pensiero" Muti interrompe l'uragano d'applauso per invitare tutti a cantarlo insieme, pensando che tra poco potremo veramente dire "o mia patria sì bella e perduta": bisognava avere un animo da Abigaille per non commuoversi quando tutto il teatro ha intonato questo coro nella penombra e gradualmente, uno ad uno, tutti si sono alzati in piedi sotto una pioggia di volantini tricolori. Una regia spontanea ma perfino migliore di quella di Visconti nella famosa scena del "Trovatore" alla Fenice in "Senso".
Passa quasi in secondo piano la musica. La direzione di Muti "prevedibilmente" splendida è in realtà una sorpresa continua per come trova sempre l'espressione, il colore e il tempo giusti, che non sono necessariamente quelli che ci si aspetterebbe. Grande bellezza di suono a dimostrazione che il Verdi prequarantottesco non sarà Mozart ma non scrive mai a caso e ogni sua nota è perfetta in vista dell'effetto voluto. Grandi furori, con la gran cassa chiamata a fare il suo lavoro senza timidezza, ma anche estrema delicatezza, come nell'attacco di "Va' pensiero" e nella sua chiusa, tenuta all'infinito in un pianissimo impalpabile. Soprattutto un "Nabucco" molto ritmico, che non si tira indietro davanti ai tanti ritmi di marcia, ma gli dà nobiltà, e che raggiunge velocità tarvolgenti, come nella cabaletta di Nabucco "O prodi miei, seguitemi".
D'accordo con Muti, il regista Jean-Paul Scarpitta fa un Nabucco quasi in forma oratoriale, solo con i movimenti essenziali (forse quei pochi gesti che restano avrebbero potuto essere messi meglio a fuoco, ma si deve tener conto che il regista ha dovuto lasciare le prove a mezzo per serissimi motivi di salute). Nessun realismo pseudostorico, scena vuota, solo fondali con cieli notturni nuvolosi alla Gustav Doré e bellissime luci di Urs Schönebaum.
In palcoscenico l'inossidabile Leo Nucci regge ancora bene il ruolo protagonistico. Intorno a lui un cast giovane. Csilla Boross dà ad Abigaille voce non torrenziale ma d'acciaio e anche cantabili flessibili e sfumati, rari da sentire in questo ruolo. Dmitry Beloselskiy è uno Zaccaria dalla voce un po' chiara ma limpida, ferma, omogenea in tutti i registri, non un profeta biblico tonitruante ma un uomo del suo popolo. Bene anche Antonio Poli e Anna Malavasi, Goran Juric e Erika Grimaldi. E benissimo il vero protagonista, il coro. Si possono immaginare gli applausi.
Interpreti: Leo Nucci/Giovanni Meoni (Nabucco), AntonioPoli (Ismaele), Dmitry Beloselskiy/Riccardo Zanellato (Zaccaria), Anna Malavasi/Ezgi Kutlu (Fnena), Goran Juric (grande sacerdote di Belo), Saverio Fiore (Abdallo), Erika Grimaldi/Simge Buyukedes (Anna)
Regia: Jean-Paul Scarpitta
Scene: Jean-Paul Scarpitta
Costumi: Maurizio Millenotti
Orchestra: del Teatro dell'Opera
Direttore: Riccardo Muti
Coro: del Teatro dell'Opera
Maestro Coro: Roberto Gabbiani
Luci: Urs Schonebaum