Un giuoco di specchi tra Vivaldi e Haydn

Applausi a Stresa Festival per Il Giardino Armonico di Antonini con il violino solista di Smirnov

Giardino Armonico (foto Davide Martignoni - Stresa Festival)
Giardino Armonico (foto Davide Martignoni - Stresa Festival)
Recensione
classica
Stresa, Stresa Festival Hall
Stresa Festival – Il Giardino Armonico
17 Agosto 2024

Il “cuore classico” della 63esima edizione di Stresa Festival ha preso il via sabato scorso con il concerto che ha visto protagonista Il Giardino Armonico, affiata compagine guidata da Giovanni Antonini. Dopo le prime date del mese di luglio, dedicate al jazz e alle altre musiche, questo appuntamento ci ha dunque introdotto alla parte di cartellone che possiamo definire più “tradizionale” del festival diretto da Mario Brunello, accompagnandoci in un viaggio di rimandi incrociati tra il barocco di Antonio Vivaldi e il classicismo di Franz Joseph Haydn.

Un confronto che all’ascolto si è rivelato quasi un ideale giuoco di specchi stilistico, costruito attraverso un programma aperto e chiuso rispettivamente dalla Sinfonia n. 52 in do minore Hob I:52 e la Sinfonia n. 44 in mi minore “Trauer-Symphonie” di Haydn, con al centro le due pagine di Vivaldi rappresentate dal Concerto in re maggiore per violino, archi e basso continuo “Grosso Mogul” RV 208 e il Concerto in si bemolle maggiore per violino, archi e basso continuo RV 368.

Giardino Armonico (foto Davide Martignoni - Stresa Festival)
Giardino Armonico (foto Davide Martignoni - Stresa Festival)

Un Vivaldi fresco e dinamico, quello qui proposto, con il personaggio principale incarnato dal violino solista del russo Dmitry Smirnov, classe 1994 e vincitore di diversi premi: dal riconoscimento ottenuto all’International David Oistrakh Violin Competition di Mosca nel 2006 al primo premio (ex aequo con Minji Kim per il violoncello e Monica Maranello per il pianoforte) al Concours d’Interprétation Musicale de Lausanne del 1917, giusto per cintarne alcuni. Assecondato con partecipata precisione dall’ensemble guidato da Antonini, Smirnov ha offerto un’interpretazione dei due concerti vivaldiani tesa e concitata, impregnata di un virtuosismo al tempo stesso funambolico e corposo, dove il suono seguiva le veloci peregrinazioni tra dita e archetto con una fluidità a tratti intrisa di dense screziature espressive.

Un carattere manifestato sia nei due movimenti (Allegro) in re maggiore che incorniciano il “Grosso Mogul” RV 208, sia nel Grave Recitativo in si minore centrale, dove il violinista originario di San Pietroburgo ha saputo cesellare il dialogo diretto con il basso continuo con un estro fantasioso che è stato confermato anche nel successivo Concerto in si bemolle maggiore RV 368, anch’esso risolto con passo fluido e brillante nei dialoghi tra compagine orchestrale e solista. Un talento, quello di Smirnov, suffragato anche dalla pirotecnica esecuzione del Capriccio n. 17 di Niccolò Paganini che l’artista ha proposto quale bis.

Giardino Armonico (foto Davide Martignoni - Stresa Festival)
Giardino Armonico (foto Davide Martignoni - Stresa Festival)

In questo quadro, ancora più significativa è parsa la restituzione delle due pagine haydniane, dove l’eccellente intreccio sonoro degli strumenti d’epoca del Giardino Armonico ha saputo rischiarare le due sinfonie attraverso una luce originale, dinamica e coinvolgente. Un piglio emerso già nelle prime battute della Sinfonia n. 52 in do minore che ha avviato la serata, poi ribadito anche nella “Trauer-Symphonie” che ha completato il programma. Una lettura che Antonini ha voluto indirizzare con lucida decisione verso dinamiche asciutte e vivaci – quasi a indagare una sorta di radice o anima “barocca” tra le pieghe della musica di Haydn – alimentate con trascinante agilità da colori fascinosi, il tutto assecondato da parte dei musicisti coinvolti con una precisione degli attacchi, un’affinità espressiva e una qualità di suono nel complesso davvero ragguardevoli, segno di un profondo lavoro di preparazione che è emerso in filigrana nel dipanarsi delle due pagine sinfoniche. Un dato avvalorato anche dal lungo percorso rappresentato dal progetto avviato da Antonini con questo ensemble nel 2014 con l’obiettivo di eseguire e registrare ex novo l’intero catalogo di Haydn entro il 2032, per commemorare il 300º anniversario della nascita del compositore.

Progetto illustrato, tra gli altri argomenti trattati, in occasione dell’interessante incontro proposto prima del concerto e che ha visto dialogare Mario Brunello con lo stesso Antonini e con Charles Adriaenssen, fondatore di Outhere Music, gruppo che riunisce alcune delle più attive e interessanti etichette discografiche indipendenti di musica classica e contemporanea con il quale Stresa Festival ha stabilito uno stretto rapporto di collaborazione, pensando idealmente, come ha sottolineato Brunello, «a quanto realizzato ai tempi di Karajan tra il Festival di Salisburgo e la Deutsche Grammophon».

Nell’attesa dei futuri sviluppi di questa collaborazione, l’altra sera Antonini e il suo Giardino Armonico hanno suggellato questo concerto con la scena finale del balletto Don Juan di Christoph Willibald Gluck, un fuori programma la cui sinuosa brillantezza strumentale nutrita da un’eloquente venatura drammaturgica ha fatto desiderare l’esecuzione integrale dell’opera di Gluck da parte di questo ensemble.

Pubblico numeroso ed entusiasta.

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