Trovatore torna a Jesi
Al Teatro "G.B.Pergolesi" con la direzione di Francesco Rosa
La stagione lirica del Teatro “G.B. Pergolesi” di Jesi torna al grande repertorio, dopo due anni di scelte orientate verso opere brevi e di piccolo organico per le note esigenze di distanziamento, con Il Trovatore di Verdi, allestimento in coproduzione con Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Comunale “Mario Del Monaco” di Treviso, Fondazione Teatro Coccia di Novara, che ha debuttato proprio nella cittadina marchigiana. Lo spettacolo è completamente “made in Jesi”, essendo scene e costumi, a cura di Domenico Franchi, prodotti nel laboratorio scenografico e nella sartoria della Fondazione Pergolesi Spontini.
Le scelte scenografiche dell’allestimento sono state improntate all’essenzialità e alla linearità, con un effetto di buona efficacia sia sul piano prettamente visivo che su quello semantico. La regia di Deda Cristina Colonna ha voluto giustapporre, in alcuni casi, più piani narrativi, mettendo in scena, velati da un pannello semitrasparente che ne neutralizzava i colori, quindi con effetto di lontananza, quei momenti che di solito sono invece “fuori scena”, come la canzone di Manrico “Deserto sulla terra”, la cerimonia per l’entrata in convento di Leonora, o il Miserere. Pochi elementi scenici, quindi, e di agile collocazione perché scorrevoli a vista, a rappresentare il palazzo del conte o gli aspri luoghi degli zingari, il cui coro “Chi del gitano i giorni abbella” è stato arricchito dalla performance di una ballerina di flamenco. L’austerità della scenografia è stata poi valorizzata dal gioco di luci, a cura di Fabrizio Gobbi, che ha creato momenti di evidenza scultorea, specie nelle scene corali.
Un po’ meno riuscite le scelte riguardo ai costumi, in perfetto stile quattrocentesco, è vero, ma poco attraenti, quelli maschili, e poco caratterizzanti i personaggi (Manrico abbigliato da cortigiano?)
Sul piano vocale si sono molto apprezzati il baritono Jorge Nelson Martinez Gonzàlez come Conte di Luna e il tenore Gaston Rivero come Manrico, entrambi belle e corpose voci verdiane molto a proprio agio nelle rispettive parti. Apprezzabile anche il Ferrando di Carlo Malinverno, che ha aperto l’opera con una bella interpretazione di “Abbietta zingara”.
Meno convincente la Leonora di Marily Santoro, un po’ in difficoltà nella cavatina, specie nella tessitura acuta, presa con sforzo. Molto meglio invece nelle arie successive, che richiedevano mezze voci, pianissimi e suoni filati, più adatti al suo tipo di vocalità. Azucena è stata interpretata da Carmen Topciu, voce molto corposa anche lei e bel timbro, oltre che espressiva sul piano della recitazione.
L’importante parte del coro è stata ben affrontata dal Coro Lirico Marchigiano “V.Bellini”, nonostante qualche sbavatura nella sezione femminile del coro di religiose; il maestro Francesco Rosa ha diretto la FORM- Orchestra Filarmonica Marchigiana, con gesto sicuro e preciso. Buona in generale la riuscita dello spettacolo, in un teatro pieno come da tempo non si vedeva.
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