Tre pianoforti a Padova

Tra rare pagine storiche e nuove creazioni, si conclude la stagione 2018 del Centro d’Arte di Padova

Foto di Francesco Ganis - Tre pianoforti
Foto di Francesco Ganis
Recensione
classica
Padova, Auditorium del Conservatorio
Tre Pianoforti
20 Dicembre 2018

Nella sua lineare semplicità, il titolo Tre pianoforti riassume perfettamente il valore di un concerto cucito su un organico insolito, benché profondamente legato alla tradizione musicale. Come ben ricorda Veniero Rizzardi in apertura, l’evento chiude la stagione 2018 e si inserisce in un progetto più ampio, inaugurato proprio dal Centro d’Arte di Padova nel 2012 in collaborazione con SaMPL, per incontrare le caratteristiche tecniche dell’Auditorium del Conservatorio, che consente così di alternare musiche rare a nuove scritture.

È questo il caso di Two Pieces for Three Pianos di Morton Feldman, presentato in prima esecuzione italiana, se non addirittura in prima europea. Accordi e varie figure musicali fluttuano da uno strumento all’altro in una scrittura apparentemente semplice che ne assorbe la distanza sul palco, al punto da avere la percezione di essere di fronte a un solo pianoforte, lasciando l’ascoltatore piacevolmente ammaliato, benché conscio dell’inganno. L’efficacia della versione a tre di Winter Music di John Cage si è tradotta principalmente nell’ottima concertazione degli elementi notati sui fogli che costituiscono la partitura. Una ricca rete di connessioni hanno stretto gli strumenti tra loro al verificarsi degli eventi sonori, in un gioco di ruoli capace di condurre anche l’orecchio esperto.

Tecniche per la misurazione dell’infinito fonde i tre pianoforti all’alta temperatura timbrica liberata dalla penna di Claudio Ambrosini. Sonorità accecanti vengono alimentate da rapidi glissandi sulla tastiera, prima di poter agire su cordiera e pedale, fino a pervadere l’intero strumento. Basata su un approccio strumentale affine, e composta per l’occasione, Gamut n. 2 (Pavana) si propone, al contrario, di indagare il colore delle singole note della scala musicale in maniera così ravvicinata da farci credere di tenere maggiormente all’approfondimento che all’idea di movimento.

Nel suo effimero candore, Švarná dzieučina di Fabio Nieder condensa tre elementi tra loro indipendenti su un’unica tastiera. La sua musica risuona sospesa, racconta di storie lontane nel tempo, intrisa di una poesia penetrante. Una versione particolarmente coinvolgente di Ludwig van di Mauricio Kagel ha infine concluso la serata, con tanto di proiezione del film concepito dal compositore argentino, sull’esecuzione dei pianisti Maria Grazia Bellocchio, Fausto Bongelli e Aldo Orvieto, sostenuti da Alvise Vidolin alla regia sonora e live electronics, assistito da Filippo Santello.

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