Tevjiel, il papà di Fievel
Recensione
classica
"Fiddler on the roof" è un vecchio musical yiddish che dal 1964 al 1972 infilò a Broadway, New York, 3.242 repliche. Le musiche erano di Jerry Bock, le canzoni di Sheldon Harnick: un misto di citazioni del repertorio tradizionale e di melodie più corrivamente musicaliere. Il book era di Joseph Stein, dalle storielle di Sholem Aleichem. Qui la storia principale è quella di Tevjie il lattivendolo nel villaggio di Anatevka, nella Russia zarista di inizio Novecento. Moni Ovadia, grande affabulatore e colto cabarettista yiddish di esistenza italiana, forse era un po' stufo di scrivere libri perfetti e di fare recital eternamente riconoscibili ovunque, con il suo corpo e una fisarmonica, o poco più, quanto voleva e quando voleva. La sua formula collaudata lo deve aver saturato, così si è fatto sedurre dal fare la versione italiana del "Violinista sul tetto", da protagonista totale (Tevjie e regista): lo spettacolo, dopo la prima all'Arena del Sole di Bologna il 20 novembre, è al Teatro Alfieri di Torino, per caso in mezzo a un pubblico pensionistico di teatro "leggero" cultore di Dorelli e Massimini, Marconi e Gaber. A New York lo spettacolo l'avevano fatto Harold Prince e Jerome Robbins! Qui le coreografie di Elisabeth Boeke sono carine; le scene di Gianni Carluccio chagalliane; i costumi di Elisa Savi davvero belli nella loro povertà. All'inizio Ovadia fa Strehler: Anatevka parte come "Il campiello" di Goldoni. Nella prima lunga parte di uno spettacolo intollerabilmente prolisso (dov'è la folgorante intuitività sintetica dell'umorismo ebraico?) ci sono momenti davvero incantevoli, sorridenti, squisiti: gli otto musicisti se ne stanno in scena tutto il tempo, suonano con l'energy e il mood (per dirla con il Selector della nuova Radio3) che ci vogliono in un villaggio ebreo assediato dai pogrom dei cosacchi come il villaggio di Asterix e Obelix era blindato dalle legioni di Cesare. Ovadia, un po' Obelix, un po' Asterix e un po' papà di Fievel, nella prima parte è a suo agio. Nella seconda, che vira verso il pogrom e la diaspora dopo i matrimoni libertari delle sue tre eccellenti figlie, solo un grande attore avrebbe potuto reggere quel lungo autunno cechoviano; solo un grande regista avrebbe potuto spegnere minuto dopo minuto luci, colore, vita sulla scena. Ma la vita come dice Tevjie è in bilico come un violinista che si mette a suonare su un tetto spiovente. Anche il musical all'yiddish italiano sta in bilico. Adesso, però, ritorniamo ad Aleichem.
Interpreti: Moni Ovadia, Lee Colbert, Elena Sardi, Giada Lorusso, Federica Armillis, Daniela Terreri, Enrico Fink, Eyal Lerner, Iljia Popov, Roman Siwulak, Alessandro Bertollini
Regia: Moni Ovadia
Scene: Gianni Carluccio
Costumi: Elisa Savi
Coreografo: Elisabeth Boeke
Orchestra: Massimo Marcer, Janos Hasur, Luca Garlaschelli, Emilio Vallorani, Vincenzo Pasquariello, Paolo Rocca, Stefano Corradi, Albert Mihai
Direttore: Emilio Vallorani
Maestro Coro: Lee Colbert
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Napoli: l’Ensemble Mare Nostrum sotto la direzione di Andrea De Carlo e con il soprano Silvia Frigato
classica