Successo a Roma per l'Osn Rai
Debutto dell'orchestra all'Accademia di Santa Cecilia con Conlon sul podio
Recensione
classica
L'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e il suo nuovo direttore musicale James Conlon hanno portato anche a Roma il programma eseguito a Torino nei giorni precedenti, interamente dedicato a Dvorak. Nel Concerto per violoncello op. 104 il solista era Misha Maisky, che nei passaggi più trascinanti era impetuoso, irrefrenabile e forse andava anche un po' oltre il segno: d'altronde questo Concerto è così, deve andare a briglia sciolta. Abbiamo preferito Maisky nelle parentesi liriche - che abbondano nel movimento lento e non mancano nemmeno in quelli veloci - dove è stato impareggiabile per intensità della linea melodica ma anche per controllo del suono ed eleganza. Il pubblico l'ha applaudito come una pop star e lui ha ricambiato con due bis bachiani, la Sarabanda della quinta Suite e il Preludio della prima, suonati con affascinante intensità romantica.
Nella Sinfonia n. 8 la protagonista assoluta diventava l'orchestra, che d'altronde aveva già avuto modo di dimostrare le sue qualità fin dal folgorante attacco del Concerto, quando si è slanciata scattante e potente nel travolgente primo tema, con archi compatti e ottoni timbrati e squillanti, sfoggiando un suono che si espandeva gloriosamente e riempiva i grandi volumi dell'auditorium romano, senza però risultare rude ed eccessivo. L'altra faccia della medaglia era la grande delicatezza, limpidezza e precisione del suono nei momenti più intimi e raccolti. Queste qualità ritornavano esaltate nella Sinfonia n. 8, dove l'orchestra è apparsa sfavillante, precisa, duttile, capace di passare dal fortissimo più travolgente al pianissimo più delicato: l'impressione è che in pochi mesi il newyorchese James Conlon sia riuscito a infondere nell'orchestra italiana le caratteristiche tipiche delle grandi compagini americane. In più con la propensione al canto e il fervore espressivo delle orchestre italiane. Le prime parti sono eccellenti ma colpisce soprattutto la qualità e la compattezza dell'insieme, che un tempo era il punto debole delle orchestre italiane. Bisognerebbe citare tutti i professori d'orchestra, che ovviamente è impossibile. Si può però dire che si sono particolarmente distinti - anche perché Dvorak dà loro svariate occasioni di mettersi in mostra - il flauto di Dante Milozzi, l'oboe di Carlo Romano e il corno di Stefano Aprile. Conlon dal canto suo ha interpretato Dvorak con grande sensibilità, cogliendone sia la seduzione puramente sonora sia l'intensa e sincera espressività, ma senza cedere all'edonismo né al sentimentalismo. Alla fine, dopo una coda della Sinfonia n. 8 travolgente per la sua progressiva intensificazione ritmica e dinamica, il direttore è stato applaudito perfino più - se è lecito il confronto - di Maisky.
L'orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia ricambierà la visita e suonerà a Torino, ospite dei Concerti del Lingotto, anch'essa con un direttore americano sul podio, Michael Tilson Thomas.
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