Stockhausen a Romaeuropa
Stimmung con i Voxnova
Recensione
classica
Che “Stimmung”, il lavoro per sestetto vocale scritto da Karlheinz Stockhausen nel 1968, si presentasse come un vero e proprio universo sonoro nel quale l’ascoltatore viene inevitabilmente risucchiato, ebbene lo si è capito immediatamente. Pochi minuti di ascolto e già risultava chiaro che venivano sovvertite tutte le leggi gravitazionali della musica, grazie a un brano basato – insistentemente – sui suoni armonici generati dal solo si bemolle e articolato in ben cinquantuno sezioni, per ciascuna delle quali il ruolo di leader, ovvero di chi lancia un nuovo modello ritmico di riferimento per gli altri, passa da un cantante all’altro. La disposizione dei sei interpreti del gruppo Voxnova Itala era naturalmente quella richiesta dal compositore: seduti in circolo, apparentemente assorti in un loro rito privato, dove le invocazioni ad antiche divinità di varie culture extraeuropee si alternavano, spezzando così il continuum vocale, ai testi erotici scritti dallo stesso Stockhausen. La situazione eccezionale – al Macro Testaccio, che ospitava questo importante appuntamento musicale del Romaeuropa Festival 2015 – si è creata per via dalla presenza in sala di Mary Beuermeister, seconda moglie del compositore tedesco, alla quale era stato non solo dedicato il lavoro ma anche indirizzati proprio i testi erotici, fortemente espliciti e dotati di una carica provocatoria, carica che tuttavia va misurata col contesto sessantottino in cui è stata concepita l’opera. Insomma oggi nessuno si scandalizza più, al massimo in sala qualche sorrisino, inghiottito repentinamente dall’ipnosi sonora che i cantanti più che subire mostravano di gestire e rivoltare verso il pubblico.
Peraltro la serata si è aperta proprio con un lavoro –“Aus den Skizzenbücher 1960” (“Dai taccuini del 1960”), in prima assoluta – della stessa Beuermeister, una diretta testimonianza del forte scambio intellettuale avuto col marito, che l’artista ha sintetizzato così: “"Io sono diventata una compositrice e Karlheinz è diventato un pittore”. Grazie a Nicholas Isherwood, artefice del progetto e riferimento, dal punto di vista musicale (la sua era la voce più grave), di Voxnova Italia, la serata ha insomma offerto una bella occasione per confrontarsi con questa partitura che, ormai non distante dal mezzo secolo di vita, continua a esercitare un fascino indiscutibile e, al tempo stesso, si presenta con un tasso di fruibilità anche maggiore di altri lavori del tedesco. Resta un’interrogativo sulle modalità di ascolto, perché l’idea di concerto in cui il pubblico assiste immobile e assorto come fosse al cospetto di un rito sacro, forse non si addice molto a un artista come Stockhausen, che per tanti versi ha compiuto un lavoro di rottura rispetto al passato. Si potrà obiettare come l’aura mistica di cui è permeata “Stimmung” autorizzi il tradizionale assetto della sala da concerto. Ma la disposizione a cerchio del sestetto vocale, come pure la natura centripeta di questi settanta minuti di musica, non potrebbe viceversa invitare a una diversa e più innovativa idea per la fruizione della musica, per una sua ricreazione (per dirla col tema del Festival)? Perché non collocare i cantanti al centro e lasciare al pubblico, avendo evidentemente adeguato spazio a disposizione, la possibilità di muoversi, sedendosi e spostandosi educatamente per girare loro intorno, per catturare e lasciarsi catturare dall’immagine sonora complessiva da diverse angolature? Difficile credere che l’autore immaginasse lo stesso pubblico che devoto e immobile si accosta a ben altri brani che superano l’ora di durata: Stockhausen non è Bruckner!
Peraltro la serata si è aperta proprio con un lavoro –“Aus den Skizzenbücher 1960” (“Dai taccuini del 1960”), in prima assoluta – della stessa Beuermeister, una diretta testimonianza del forte scambio intellettuale avuto col marito, che l’artista ha sintetizzato così: “"Io sono diventata una compositrice e Karlheinz è diventato un pittore”. Grazie a Nicholas Isherwood, artefice del progetto e riferimento, dal punto di vista musicale (la sua era la voce più grave), di Voxnova Italia, la serata ha insomma offerto una bella occasione per confrontarsi con questa partitura che, ormai non distante dal mezzo secolo di vita, continua a esercitare un fascino indiscutibile e, al tempo stesso, si presenta con un tasso di fruibilità anche maggiore di altri lavori del tedesco. Resta un’interrogativo sulle modalità di ascolto, perché l’idea di concerto in cui il pubblico assiste immobile e assorto come fosse al cospetto di un rito sacro, forse non si addice molto a un artista come Stockhausen, che per tanti versi ha compiuto un lavoro di rottura rispetto al passato. Si potrà obiettare come l’aura mistica di cui è permeata “Stimmung” autorizzi il tradizionale assetto della sala da concerto. Ma la disposizione a cerchio del sestetto vocale, come pure la natura centripeta di questi settanta minuti di musica, non potrebbe viceversa invitare a una diversa e più innovativa idea per la fruizione della musica, per una sua ricreazione (per dirla col tema del Festival)? Perché non collocare i cantanti al centro e lasciare al pubblico, avendo evidentemente adeguato spazio a disposizione, la possibilità di muoversi, sedendosi e spostandosi educatamente per girare loro intorno, per catturare e lasciarsi catturare dall’immagine sonora complessiva da diverse angolature? Difficile credere che l’autore immaginasse lo stesso pubblico che devoto e immobile si accosta a ben altri brani che superano l’ora di durata: Stockhausen non è Bruckner!
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