Ritratto di compositrice
Arianna e il Minotauro di Silvia Colasanti apre la collana dei ritratti di autori contemporanei agli Amici della Musica di Firenze
La stagione ’22-’23 degli Amici della Musica di Firenze, con la nuova direzione artistica di Andrea Lucchesini, aveva già avuto un avvio quantomai festoso il 14 ottobre al Teatro Verdi, con l’Orchestra Giovanile Italiana, e Julian Rachlin violino solista e direttore nel concerto di Mendelssohn (con splendido fuori programma, la terza sonata, la Ballata, di Ysaÿe) e direttore nella Quinta di Caikovskij. Non avevamo ancora visto e sentito il celebre violinista nel ruolo di direttore, e c’è stato di che rimanere colpiti non solo dalla solidità e perizia direttoriale, tale da dominare benissimo anche le più pericolose transizioni, ma anche dalla felicità con cui ha saputo congiungere la propria visione ai talenti dell’Ogi – che per parte sua ci è parsa frutto di una delle migliori selezioni degli ultimi anni – realizzando un’esecuzione della sinfonia cajkovskijana elegantemente slanciata e focosa, del tutto priva di eccessi di patetismo e pesantezza, del tutto confacente alla natura di una bella orchestra giovanile.
L’attesa e la curiosità era peraltro concentrata sul concerto di domenica 16 al Saloncino della Pergola, che apriva la serie dei quattro ritratti di compositori contemporanei (dopo Silvia Colasanti, gli altri sono Silvia Borzelli, Francesco Filidei e Ivan Fedele) che costituisce una delle ossature e delle novità proposte da Lucchesini. L’intenzione dichiarata di Lucchesini è quella di estendere l’evento, questo e altri appartenenti agli altri e più tradizionali filoni degli Amici, ad un ambito più ampio di quello del concerto, facendone oggetto di dialogo fra gli interpreti e autori e un pubblico nuovo da coinvolgere attraverso conversazioni e incontri, segnatamente il pubblico degli studenti dei licei fiorentini, perché da anni Lucchesini medita proprio su questo, da concertista in proprio e con altri e da direttore artistico. La sfortuna ha voluto che la compositrice romana incappasse in un tampone negativo che le ha impedito di essere a Firenze, garantendo peraltro la propria presenza online, come ci ha assicurato Lucchesini, all’incontro con gli studenti. La presentazione del programma è stata pertanto affidata agli interpreti, e cioè al direttore Fabio Maestri che a capo dell’Ensemble In Canto realizzava il programma, e a Elio De Capitani che era la voce recitante del Minotauro nel melologo per voce recitante, soprano (Valentina Varriale) e ensemble strumentale Arianna e il Minotauro su testo di Giorgio Ferrara e René de Ceccatty, riproposizione in forma di concerto del lavoro di Spoleto 2018.
La formula di questo ritratto è stata interessantissima, e ci auguriamo che sia ripercorsa anche negli altri appuntamenti del ciclo, perché propone il lavoro del compositore di oggi anche come crocevia di influenze e riferimenti fondamentali dalla musica del passato. Il passato musicale suggerito da Silvia Colasanti si concentrava su Debussy e Monteverdi, maestri, in due snodi diversi ma ugualmente fondativi della storia musicale, di innovazione linguistica, di libertà formale, di forza dell’invenzione legata alla parola poetica. C’era infatti una bella trascrizione per variegato ensemble di Benno Sachs, d’epoca o quasi (1920), del Prelude à l’après-midi d’un faune di Debussy, a cui faceva seguito una versione strumentale della Colasanti per quintetto d’archi di Ah, dolente partita ! dal Quarto Libro dei madrigali di Monteverdi, che introduceva in modo molto convicente il nesso monteverdiano di Arianna e il Minotauro. La rivisitazione del mito fa del Minotauro, piuttosto che un mostro, una vittima del fato, lacerato fra l’istinto animalesco e incolpevole della ferocia e l’umanità del rimorso, con affetti umani che poi lo spingono a rispondere alla voce della sorella, Arianna, che lo attira nella trappola per lui mortale: un testo, questo di Ferrara e de Ceccatty, dal livello stilistico alto e colto e tuttavia dal richiamo emotivo forte ed emozionante, molto lontano, come un’oasi aristocratica, dall’odierno spaccio di violenza gestuale e gridata, che infatti ha avuto un recitante eccellente in un maestro della parola teatrale come Elio De Capitani. Molto interessante, molto giusta, era, nella partitura di Silvio Colasanti, anche la dialettica parlato-cantato, Minotauro-Arianna, De Capitani-Varriale. Una partitura che aderiva perfettamente, con trasparenza e linearità, a questa chiave testuale di una scrittura molto elevata ma anche molto essenziale e coinvolgente, svolgendo le suggestioni musicali monteverdiane legate al celebre Lamento di Arianna e andando alla ricerca di formule antiche di retorica musicale, di limpidi percorsi polifonici di grande suggestione. Pubblico pienamente convinto, infatti, con molti minuti di applausi per tutti gli interpreti.
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