Riscoprire Alberto Franchetti
Al Theater Bonn un bell'allestimento di "Asrael", prima opera del compositore italiano
Alberto Franchetti, chi era costui? Senza voler scomodare il Manzoni né tantomeno don Abbondio, la domanda comunque resta più che giustificata, visto che si tratta di un nome che davvero in pochi oggi conoscono. A ricordare questo nostro compositore ci ha pensato non un teatro italiano bensì il Theater Bonn, inserendo il suo primo lavoro operistico all’interno del progetto FOKUS |’33|, ciclo dedicato a quei spettacoli che sono stati in programmazione fino al 1933 o che sono potuti andare in scena soltanto dopo il 1945. Asrael debuttò nel febbraio del 1888 a Reggio Emilia, le spese per la pubblicazione furono sostenute dal padre del musicista, il barone Raimondo Franchetti, ricco imprenditore agricolo italiano. Alberto era nato il 18 settembre 1860 a Torino dal matrimonio di quest’ultimo con Sara Luisa Rothschild e, grazie all’agiata situazione economica familiare, il giovane poté dedicarsi ai suoi interessi musicali. Studiò dapprima in Italia e successivamente, dall’età di vent’anni, in Germania, dove fu allievo di Rheinberger, a Monaco, e poi di Draeseke e Kretschmer, a Dresda. Dopo il debutto emiliano Asrael fu rappresentato anche alla Scala e Franchetti riscosse un tale successo che l’editore Ricordi si offrì subito di pubblicarlo e Giuseppe Verdi suggerì di affidare al giovane compositore la realizzazione di un’opera per celebrare il quattrocentesimo anniversario della scoperta dell’America. Nascerà così Cristoforo Colombo, titolo andato in scena a Genova nel 1892 che, insieme a Germania (su libretto di Illica, andata in scena alla Scala nel 1902) e alla trasposizione operistica de La figlia di Iorio, rappresenta il nucleo più importante della produzione di questo musicista, scomparso a Viareggio nel 1942 dopo aver ricoperto tra l’altro l’incarico di direttore del conservatorio di Firenze dal ’26 al ’28.
Tornando ad Asrael, l’opera fu ripetutamente eseguita sia in Italia che all’estero, sul podio vi fu Toscanini diverse volte e persino Mahler la diresse a Budapest. Dopo il 1945 non è stata più portata sulle scene, in ogni caso la musica di Franchetti, che era ebreo, fu totalmente vietata in Germania dopo il 1933 e poi in Italia nel 1938, ma l’autore ebbe la possibilità di ritirarsi a vita privata, a Viareggio, grazie all’intercessione di Pietro Mascagni, membro del Partito Nazionale Fascista. Lì morirà nel 1942.
L’allestimento del Theater Bonn ha ben messo in evidenza il carattere imponente di questa “Leggenda” in quattro atti su libretto di Ferdinando Fontana. Il direttore Hermes Helfricht alla guida della Beethoven Orchester Bonn già dalle prime battute del preludio ha dato voce all’incredibile sostanza musicale che caratterizza la musica di questo compositore, all’epoca ritenuto una grande speranza per la musica italiana, al pari di nomi quali Puccini, Leoncavallo e Mascagni. Ma la capacità espressiva che Franchetti dà prova di possedere quando si cimenta con i colori della sola orchestra, più che al linguaggio del verismo sembra avvicinarlo al sinfonismo tardoromantico con cui era potuto venire in contatto negli anni di studio in Germania. Helfricht e la formazione tedesca hanno messo ben in rilievo queste caratteristiche, dimostrandosi capaci di gestire l’opulenza dell’orchestrazione e di assecondare i contrasti sonori che scandivano l’inizio della drammatica vicenda del protagonista Asrael, l’angelo fatto prigioniero da Lucifero che mai ha dimenticato di essere stato innamorato di Nefta quando ancora si trovava nel paradiso. Abbandonate le reminiscenze wagneriane presenti nell’iniziale scena dell’inferno – che tuttavia faranno in più occasioni il loro ritorno – Franchetti si mostra più propenso ad abbracciare la tradizione operistica italiana nel momento in cui entrano in azione i cantanti. I quali sono stati collocati, nella garbata messa in scena di Christopher Alden, all’interno di un contesto familiare, dove i vari personaggi hanno avuto potuto interagire in base ai dei ruoli completamente ‘riscritti’: Lucifero diventa un burbero padre che addestra il figlio Asrael e lo spedisce a combattere, il ruolo della madre è affidato a una figurante dalle sembianze angeliche, mentre Nefta, Loretta e Lidoria (le ultime due oggetto delle attenzioni amorose di Asrael) sono le tre sorelle che troviamo all’interno di questa famiglia. La soluzione di Alden è sembrata funzionare efficacemente, inserita nel sobrio ma affascinante interno di un elegante palazzo alla vigilia della Grande Guerra, quella in cui il protagonista verrà ferito e quasi ridotto in fin di vita, prima di essere curato proprio da Nefta, divenuta infermiera e giunta col compito di sanare non solo il corpo ma soprattutto l’anima di Asrael.
Nella parte di quest’ultimo il bravo Peter Auty, alle prese con le difficoltà di una parte complessa e non di rado piuttosto acuta, ma sempre in grado di destreggiarsi tra la apparente sicurezza del protagonista e il suo dramma interiore, dramma che emergerà soprattutto nel momento in cui dovrà nuovamente rivolgersi all’Altissimo in preghiera. Di particolare intensità la voce scintillante di Svetlana Kasyan nel ruolo di Nefta, ma eccellente è stata la prova anche degli altri cantanti in scena, Tamara Gura (Lidoria), Khatuna Mikaberidze (Loretta), Pavel Kudinov (Lucifero). Notevole è stato anche l’apporto del coro, soprattutto nei momenti in cui la musica di Franchetti assumeva i tratti più monumentali. Va anche segnalata la non scontata precisione con cui tutti i coristi – collocati per gran parte dello spettacolo in un apposito settore rialzato della platea – hanno seguito il gesto che il direttore rivolgeva loro, prevalentemente di spalle, dalla buca dell’orchestra. Il folto pubblico che riempiva sia la platea sia le due gallerie del teatro di Bonn si è così ritrovato avvolto dal suono grandioso che Franchetti ha immaginato per questo suo iniziale lavoro, di sicuro meritevole di essere portato nuovamente anche nel nostro Paese. Nel frattempo il prossimo 8 dicembre e poi il 14 gennaio sarà ancora possibile approfittare delle repliche in programma a Bonn, per scoprire, grazie a questo allestimento di grande qualità, quanto ricco fosse il linguaggio musicale di cui poteva disporre nel 1888 il giovane compositore italiano.
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