Inaugurazione strana: qualche toilettes da gran sera, turisti casual, comitive di studenti chiamati a riempire i vuoti tra il pubblico, che comunque restavano visibili, nessuna autorità, pochi giornalisti e pochissimi in particolare gli inviati della stampa nazionali, nessuno di quella estera. Con Muti l'Opera si era abituata ad altri sfarzi, ma va bene anche così. Resta un mistero la sostituzione di Aida con Rusalka: era sicuramente necessario risparmiare ma questa è una scelta quasi punitiva per il pubblico, che ben difficilmente riempirà le otto recite programmate. A torto. Perché Rusalka è un'opera bella e godibilissima (d'altronde i romani dovrebbero saperlo: è la terza volta che l'Opera la rappresenta in vent'anni, più della stessa Aida) e l'esecuzione le rende pienamente giustizia. Denis Krief, che è un vero virtuoso della messa in scena a budget ridottissimo, ha ambientato l'opera in uno spazio chiuso da ogni lato da assi di legno grezzo. È il luogo favoloso delle creature soprannaturali: uno spazio segreto, a cui si accede solo da botole nascoste nel pavimento e che non ha nulla di naturalistico ma è simbolico e astratto, con un rettangolo di lucido metallo per il lago e un pannello di alberi alla Mondrian per il bosco. Quando grandi porte si aprono lateralmente ed entra la luce del sole, allora siamo nel mondo degli uomini, con alte colonne ad alludere al palazzo del principe: ma per Rusalka si tratta sempre della stessa scatola, soffocante e claustrofobica. Krief coglie benissimo i diversi aspetti che confluiscono in quest'opera: la fiaba popolare e la musica ceca, il Leitmotiv wagneriano e il grand-opéra delle danze e delle scene comiche con lo sguattero en travesti. Ma siamo ormai agli albori del Novecento e a questi ingredienti ottocenteschi l'anziano Dvorak mescola una buona dose di simbolismo, che a Praga dilagava in quegli anni, e quel che basta di psicanalisi, perché nella vicina Vienna già era in funzione il lettino del Dottor Freud: sono proprio questi gli aspetti che rendono speciale la Rusalka e che Krief porta in primo piano, senza però negare gli altri. A questa regia apparentemente semplice e povera ma perfettamente calibrata si allea la direzione del giovane norvegese Elvind Gullberg Jensen, che ottiene dall'orchestra (in ottima forma, nonostante i recenti trambusti) fraseggi e colori novecenteschi, delicati e sospesi o anche spezzati e aspri, alternati a turgori wagneriani e a sfarzi da grand-opéra, ma senza che risulti mai squilibrata questa partitura scritta chiaramente da un sinfonista di vaglia. Nel cast spiccavano Svetla Vassileva (Rusalka liquida e smarrita ma con scatti da valchiria), Steven Humes (Spirito dell'acqua) e Larissa Diadkova (la strega Jezibaba). Pubblico dapprima freddo, poi convinto e plaudente. Sull'attuale situazione dell'Opera ha già scritto Ungaretti in Allegria di naufragi: "E subito riprende il viaggio / come dopo il naufragio un superstite lupo di mare".
Note: nuovo allestimento
Interpreti: Svetla Vassileva / Anna Kasyan (Rusalka), Maksim Aksenov / Peter Berger (Principe), Steve Humes / Kiril Manolov (Spirito delle acque), Larissa Diadkova (Jezibaba), Michelle Breedt (Principessa Straniera), Ivan Gnidii (Guardiacaccia), Eva Liebau (Sguattero)
Regia: Denis Krief
Scene: Denis Krief
Costumi: Denis Krief
Corpo di Ballo: del Teatro dell'Opera di Roma
Coreografo: Denys Ganio
Orchestra: del Teatro dell'Opera di Roma
Direttore: Elvind Gullberg Jensen
Coro: del Teatro dell'Opera di Roma
Maestro Coro: Roberto Gabbiani
Luci: Denis Krief