Serata un poco surreale - con profumo più di nonchalance da "Titanic" che di grandeur culturale - quella che ha aperto il Festival Verdi 2012. Clima segnato dalle incognite per il futuro di un Regio che il regista Walter Le Moli ha definito “un cadavere” (la fondazione che lo gestisce “vanta” circa 5 milioni di debiti e ormai centellinano pure i programmi di sala) alla guida del quale è stato chiamato solo due giorni fa Carlo Fontana nel nuovo ruolo di amministratore esecutivo (che sostituisce quello di sovrintendente), al cui fianco questa sera c’era anche Paolo Arcà, ormai probabile futuro direttore artistico. Un festival realizzato in emergenza, anche grazie alla disponibilità di due artisti come Nucci e Pertusi, protagonisti di questa inaugurazione. Un “Rigoletto” che recupera lo storico allestimento di Samaritani del 1987, con scene funzionali e rodate, abitate dai movimenti scenici gestiti dalla regia di Elisabetta Brusa (sempre ispirata a Samaritani), che muove i protagonisti con segno adeguato. Oren legge con personalità – tra passaggi assai dilatati e guizzi avvincenti – la partitura verdiana, alla guida di una reattiva Filarmonica Toscanini – in buca a sostituire l’Orchestra del Regio – capace di esprimere una salda densità timbrica. Solido come sempre il coro preparato da Faggiani. Nucci – ormai più attore che cantante – offre un protagonista dalla toccante intensità interpretativa, assecondato (con bis della “Vendetta”) da una Gilda-Pratt dalla valida resa vocale. Pretti delinea un Duca corretto ma con qualche cedimento, mentre lo Sparafucile di Pertusi appare robusto e giustamente inquietante, in linea con l’insinuante fascino espresso dalla Di Castri nei panni di Maddalena. Di buon auspicio gli intensi applausi che hanno salutato la fine della serata.
Interpreti: Piero Pretti (Il Duca), Leo Nucci (Rigoletto), Jessica Pratt (Gilda) Michele Pertusi (Sparafucile), Barbara Di Castri (Maddalena), Alisa Dilecta (Giovanna), George Andguladze (Conte di Monterone), Valdis Jansons (Marullo), Patrizio Saudelli (Matteo Borsa), Alessandro Busi (Conte di Ceprano), Leonora Sofia (Contessa di Ceprano), Alessandro Bianchini (Un usciere di corte), Leonora Sofia (un paggio).
Regia: Elisabetta Brusa ricordando Pier Luigi Samaritani
Scene: Pier Luigi Samaritani
Costumi: Pier Luigi Samaritani
Orchestra: Filarmonica Arturo Toscanini
Direttore: Daniel Oren
Coro: Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro Coro: Martino Faggiani
Luci: Andrea Borelli
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento