Quando l'opera sale in cattedra
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Recensione
classica
Il volo di Lindberg e I sette peccati capitali concludono il festival Weill all'Opera di Lione. Eseguiti in una serata, testimoniano due diverse fasi della collaborazione con Brecht. Il primo è sulla carta un radiodramma educativo, pensato dalla coppia di artisti per le scuole tedesche. Di fatto è una cantata con un narratore e un tenore (l'ottimo Kurt Streit) a impersonare il pilota venticinquenne che compì nel 1927 la prima traversata dell'Oceano Atlantico. Sullo sfondo c'è un coro che si fa avanti per dar voce alle cose più diverse, dagli elementi naturali ai giornalisti americani. La musica ricalca quella delle Passioni bachiane, immettendo qua e là alcuni provocatori episodi di jazz – il più originale è quello dell'entrata in scena del Sonno, un basso profondo, che cerca di far cadere Lindberg con una soave canzone da cocktail bar. Musicalmente poco originale, lo spettacolo funziona grazie alla regia e alle scene, rese accattivanti dai video dell'americano Peter Flaherty proiettati sullo sfondo.
Nel secondo lavoro, un balletto scritto per Balanchine nel 1933, quando i due erano in esilio a Parigi, la musica ha la meglio e supera in vitalità il testo pedagogico e un po' cerebrale di Brecht. Ecco la paradossale vicenda: due sorelle vanno in tournée negli Stati Uniti per racimolare soldi, dovendo far fronte ai vizi capitali nelle sette città toccate; resistono a tutto, ma solo perché guidate dal desiderio di denaro che, come si vede dall'enorme biglietto verde in scena, è diventato l'unico Dio. Questa per Brecht è la morale alla rovescia del piccoloborghese. Gun-Brit Barkmin ha tenuto bene la scena nei panni della sorella che canta e sette provocanti danzatrici si sono alternate, con passi poco classici ma efficaci, in quelli dell'altra sorella, alter ego della prima.
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