Punkt senza compromessi
David Sylvian per un'edizione d'eccezione del festival norvegese
Recensione
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Un programma senza compromessi all'insegna di ricerca e rigore, frutto della collaborazione con alcuni improvvisatori radicali internazionali (Manafon) ed elementi di spicco della scena norvegese (Died in the wool) che David Sylvian ha fatto confluire in questa settima edizione. L’inaugurazione si è tenuta al Sørlandet Art Museum con “Uncommon Deities”, installazione audiovisiva su cui si sono cimentati prima Evan Parker e Arve Henriksen con due poeti, poi John Tilbury e Philip Jeck con Sidsel Endresen; replica al sabato, con Parker, Ingar Zach e Stian Westerhus.
Confermata la formula del live remix, per cui le partiture contemporanee del giapponese Dai Fujikura, eseguite da un trio d'archi e clarino, assumono nuova luce a pochi minuti di distanza, grazie al remix di Jan Bang, Erik Honorè e la straordinaria tecnica vocale di Sidsel Endresen. I tre scompongono e ricompongono, improvvisando su cellule dell'esecuzione precedente: una delle cose più belle viste al festival.
Prima giornata diretta da Sylvian nel segno di esplorazione e universi a lui affini, che ha visto brillare il quartetto inedito di Tilbury, Parker, John Russell e Okkyung Lee - una versione elettronica di Dans Les Arbres - e la prima di “Plight & Premonition”, di Sylvian.
Seconda giornata, aperta dal tellurico trio di Marilyn Mazur, Per Jorgensen e Bang: diversi background con un’interazione che non ti aspetti. Lussureggiante Cartography, con David Sylvian voce narrante al fianco di Henriksen: una “messa”, per intensità ed emozione. Meno convincente Minibus Pimps, virtuosismo tecnologico di John Paul Jones (dei mitici Led Zeppelin) con Helge Sten (Supersilent); ottimo il conclusivo remix della Mazur con Molvaer, Aarset, Bang e Honorè.
Densi i seminari, con Tilbury, Parker e Anna M. Friman che si sono confrontati con gli studenti.
Edizione quanto mai viva che rilancia al 2012, con Brian Eno e il nuovo auditorium.
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