L'incontro tra Puccini e Michieletto, due tipi che hanno in comune un senso del teatro diabolico, era molto promettente e non ha deluso le attese in due casi su tre. Nel Tabarro il regista sposta l'azione dal quai parigino cui è attraccato il barcone di Michele allo squallore alienante dei container impilati in un grande porto moderno: è una scelta precisa e sicura e ancor più determinante è la direzione degli attori, naturale e vera, forte e piena di tensione, ma lontana anni luce da quell'enfasi totalmente innaturale che fino a ieri è stata associata al "verismo". Una recitazione che si potrebbe definire cinematografica, naturalmente non come Batman v Superman ma come la si insegnava e ancora la si insegna all'Actors Studio. Si direbbe che Maxim Aksenov si ispiri a Marlon Brando e James Dean e si identifica totalmente con Luigi, un bel tenebroso ribelle e dannato. Ci impiega un paio di minuti (o forse siamo noi a metterci un paio di minuti a capire che non è affatto la tipica diva del Metropolitan che ci aspettavamo) ma poi anche Patricia Racette si cala nel personaggio perfettamente, col corpo e con la voce. Roberto Frontali è un cantante di gran classe e un attore un po' statico e allora la regia gli cuce addosso il personaggio, che vive soprattutto nella voce: un uomo stanco, deluso, infelice, ma non cattivo, che uccide Luigi non tanto per gelosia ma quasi come compimento del suo amaro destino. All'oppressione e alla tensione che nel Tabarro non lasciano la presa un istante, seguirà l'inesorabile e feroce macchina comica di Gianni Schicchi, che Michieletto fa funzionare perfettamente. È difficile vedere uno Schicchi che non funzioni, perché quest'ingranaggio diabolico sembra andare da sé, ma questo è uno dei migliori che abbiamo visto, dall'inizio fino all'esilarante coup de théâtre finale di rinchiudere tutta la fauna umana della famiglia Donati in uno dei container del Tabarro, che lo scenografo Paolo Fantin fa riapparire come il coniglio dal cappello del prestigiatore, con un magistrale prodigio scenotecnico. Questa è un'opera corale e determinanti sono i tanti ottimi interpreti che fanno corona allo Schicchi di Frontali: citiamo almeno Ekaterina Sadovnikova, Natscha Petrinsky, Anna Malavasi, Domenico Colaianni, Roberto Accurso, Matteo Peirone, Francesco Musino, Antonio Poli, che in gran parte avevano contribuito altrettanto bene ai due precedenti pannelli del Trittico. Ovviamente tra Tabarro e Schicchi stava Suor Angelica, purtroppo. Si direbbe che in questo caso il regista non abbia lavorato non su ma contro la perfetta drammaturgia predisposta da Puccini. Passi che l'azione è spostata nell'ennesimo manicomio (molti trovano stucchevole l'ambientazione in un convento di clausura, che invece è un luogo disperato, duro e crudele fino al sadismo) e che quindi il pubblico è costretto a cercare di non sentire che si parla in continuazione di badessa e di monache, di preghiere e di riti religiosi. Ma perché snaturare totalmente il cuore dell'opera, ovvero l'incontro con l'inflessibile zia Principessa (Violeta Urmana), qui soverchiata da Angelica (anche qui la Racette, bravissima), che la butta a terra, le getta in faccia il foglio che dovrebbe firmare, la costringe a una precipitosa ritirata? E qui ci fermiamo. Daniele Rustioni ottiene tre diversi tipi di sonorità: dense e oscure ma non pesanti nel Tabarro (prodigiose le sirene delle navi che giungono soffuse e fanno quasi vedere la nebbia che avvolge Parigi), leggere come un acquarello in Suor Angelica, nette e colorate in Gianni Schicchi. Magistrale. L'orchestra lo segue splendidamente. Comprensibile che proprio al direttore vadano gli applausi più calorosi.
Note: Allestimento del Theater an der Wien e del Kongelige Teater di Copenaghen
Regia: Damiano Michieletto - regista collaboratore Eleonora Gravagnola
Scene: Paolo Fantin
Costumi: Carla Teti
Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma
Direttore: Daniele Rustioni
Coro: Coro del Teatro dell'Opera di Roma e Scuola di Canto Corale del Teatro dell'Opera
Maestro Coro: Roberto Gabbiani (Josè Maria Sciutto maestro del coro di voci bianche)
Luci: Alessandro Carletti