Pappano dirige Brahms in streaming
Magnifica prova del coro e dell’orchestra di Santa Cecilia per il Deutsches Requiem, ora su RaiPlay
La stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, pur svolgendosi necessariamente in streaming e soltanto con una delle tre repliche dei tempi normali, cerca di rispettare il più possibile il programma stabilito, ma varie cancellazioni e modifiche sono rese necessarie dalle attuali restrizioni, in particolare quando alcuni degli interpreti previsti sono impossibilitati a raggiungere Roma.
– Leggi anche: Elias, l’opus magnum di Mendelssohn
Dunque Antonio Pappano ha dovuto sostituire la Passione secondo Matteo di Bach con Ein deutsches Requiem di Brahms, che è stato trasmesso in diretta da Rai Radio3 ed è ora visibile su Raiplay.it. Scegliendo quest’opera Pappano ha voluto dar vita a un dittico, il cui primo pannello era l’Elias, da lui stesso diretto a Roma un mese fa.
Questi due grandi lavori sinfonico-corali su testi biblici furono scritti a circa vent’anni di distanza l’uno dall’altro ed entrambi furono meditati per più di un decennio, ma l’uno costituisce l’ultimo grande capolavoro di un Mendelssohn ancora giovane e già vicino alla morte, mentre l’altro è il primo lavoro di vaste dimensioni (e sarebbe restato il più ampio) di un Brahms che aveva quasi la stessa età di Mendelssohn ma che avrebbe avuto in sorte ancora molti anni per continuare a creare. Diversi eppure simili, l’Elias e il Deutsches Requiem sono le massime espressioni in musica del sentimento religioso del romanticismo tedesco.
Fin dalla scelta dei testi il Requiem di Brahms si rivela una personale meditazione sulla morte, scaturita dalla dolorosa esperienza della perdita di una persona cara: la prima idea di quest’opera risale infatti alla morte di Schumann e la definitiva stesura fu intrapresa alla morte della madre di Brahms. Il compositore amburghese si tiene lontano dalla grandiosità – che rispecchia l’apparato di una solenne funzione funebre cattolica – e dalle atmosfere drammatiche di Berlioz a Verdi, e sceglie toni prevalentemente intimi, raccolti e meditativi.
Il suo Requiem è immerso in una luce autunnale, venata di mestizia eppure serena, tanto che cinque delle sue sette parti sono in modo maggiore, a cominciare dalla prima “Selig sind, die da Leid tragen” (Beati siano coloro che soffrono), che è una meditazione profonda, iniziata dal suono cupo di contrabbassi e violoncelli nel registro grave (per tutto il brano i violini tacciono) ed intrisa di affettuosa dolcezza, quasi una sublime ninna-nanna: meravigliosa la sonorità delicata e soffusa, limpida e ariosa che Pappano ha tratto dal coro e dall’orchestra.
Anche nel successivo brano “Denn alles Fleisch es ist wie Gras” (Tutta la carne è come l’erba) affiora a tratti questa affettuosa dolcezza, ma qui il tono prevalente è altamente tragico, non una ninna-nanna ma una sorta di marcia funebre, priva però di ogni tono militaresco, che esprime la caducità della vita umana e l’inesorabilità della morte, senza disperazione e terrore ma con rassegnata e fiduciosa accettazione del destino umano. Qui Pappano valorizza al massimo – mantenendo sempre il totale controllo dell’equilibrio della struttura musicale – la dialettica tra i momenti intimi e raccolti e quelli grandiosi, come la fuga che conclude il brano, molto libera e articolata in episodi assai diversi. Lo stesso avviene nel terzo brano, il primo in cui una delle due voci soliste interviene accanto al coro. Il baritono Thomas Tazl non ha una voce di particolare qualità ma coglie profondamente il significato questa pagina, in cui porta la sua sensibilità, misura e assenza di retorica di interprete formatosi nelle Passioni di Bach, nelle opere di Mozart, nei Lieder di Schubert e (perché no?) nelle operette di Strauss. Anche come soprano Pappano ha scelto una voce leggera e limpida ma capace di un’espressività misurata e intensa, quella di Chen Reiss.
Ma i maggiori protagonisti sono la splendida orchestra e l’altrettanto splendido coro istruito da Piero Monti, impressionanti sia nella delicatezza e limpidezza delle pagine più raccolte che nella grandiosità e nelle complessità delle fughe, presenti in quasi tutti i sette brani del Deutsches Requiem, a conferma che alla base della musica sacra evangelica sta sempre Bach.
Tutti erano guidati con amore e fermezza da Antonio Pappano, su cui si sono ormai spese tutte le possibili parole di elogio, e che in questo brano di Brahms dà il meglio di sé: ricordiamo che lo volle presentare – insieme ad altri due Requiem, quelli di Verdi e di Britten – nella sua prima stagione come direttore musicale di Santa Cecilia e che in quell’occasione si meritò pienamente il premio Abbiati della critica musicale italiana come miglior direttore dell’anno.
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