Otello nel deserto
Al San Carlo di Napoli con l'ottima direzione di Mariotti
Torna al San Carlo Otello di Giuseppe Verdi, questa volta per inaugurare la stagione 2021-2022 - dal 21 novembre al 14 dicembre 2021 - l'ultimo nel 2014. Il capolavoro verdiano, che a Napoli negli ultimi anni è stato un titolo peregrino - questo il suo terzo revival in questo secolo dopo il debutto nel 2006 diretto da Pehlivanian, poi successivamente diretto da Luisotti e ripreso questa volta da Michele Mariotti con il tenore Kaufmann - è una nuova produzione del Teatro di San Carlo in coproduzione con il Teatro Massimo di Palermo, con un’avvincente regia di Mario Martone. All’ultima replica, gesto assolutamente sobrio, ma sempre dispensato con esatto controllo sia in buca che alle voci, il direttore domina Otello con perizia intelligente, sonorità caratterizzante, pregnante. L'interpretazione di Martone disegna una mappa, dal cielo stellato a cittadelle nel deserto, soldati, entro la quale il suono dell'orchestra affiora, lievita, ci commuove. Timbri caldi, fino a squarci da groppo in gola nelle arie tra Otello, Jonas Kaufmann e Jago, il russo Igor Golovatenko. Quasi sempre applausi a scena aperta. Emozionanti i momenti con coro massiccio e i potenti sipari finali degli atti, che Verdi cesella, intrecciati con le voci come pagine riflessive dell'individuo e della comunità.
Desdemona si trova nel deserto quando Otello la raccoglie nei ricordi del suo innamoramento “già nella notte densa” - interpretato con totale immedesimazione da Maria Agresta, una fenomenale Desdemona, pragmatica più che sensuale in un primo atto spedito, come si richiede, illusione del sogno di libertà, libertà di coscienza, quale bene più alto dell'umanità. Agresta anche toccante, ideale nello spirito della tragedia, ma soprattutto di intonazione e fraseggio cullanti come nella canzone del salice, rappresenta per il Generale ma anche per se stessa il dramma della gelosia e della morte. Cassio, Alessandro Liberatore, ottimo interprete. Jago canta bene subito severo e ben deciso a raddrizzare i voleri di Otello. Kaufmann, perfetto nel carattere sempre severo a ribadire il fondamento della tragedia moglie marito e la stretta prigione dell’amore. Solitamente lo vediamo così con contrasti inconciliabili nell'anima e pennellate antieroiche tipicamente verdiane. Sparigliati i problemi oggettivi della complessità del dramma lungo i quattro atti, la drammaturgia appunto non sorprende ma sostanzialmente funziona. La regia è per tutto convenzionale, con nero e chiaroscuri dominanti, l'atmosfera militaresca sempre sinistra e pericolosa, ma ovunque tende militari, accampamenti e medine orientali, alte pareti dalle quali far penetrare occasionalmente la luce e i colori, perfino nella scena della morte seppur più intima. Con molti applausi e traboccante come una festa, il San Carlo ha accolto queste quasi tre ore di un passato eroico mai recuperabile.
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