Otello alla Wilde
Al Regio di Torino "Una tragedia fiorentina" di Zemlinsky, abbinata a "Schicchi"
Recensione
classica
1917 una, 1918 l'altra, la prima volta in scena. Stesso set: Firenze, rinascimentale e preraffaellita una, dantesca e sardonica l'altra. Macabre tutte e due. Atti unici tutti e due. Al Teatro Regio di Torino hanno messo insieme "Una tragedia fiorentina" di Alexander Zemlinsky e "Gianni Schicchi" di Puccini. Le analogie sono finite lì, ma la cosa funziona molto bene, e la regia di Vittorio Borrelli è cautamente espressionistica per Zemlinsky (e ci sta, visto che Alban Berg fu influenzato da questo drammone erotico e cupo per il suo "Wozzeck", altro incubo di corna e femmine calienti e mariti babbei prima e vendicativi poi) e niente pacchiana per "Schicchi". Stefan Anton Reck dirige bene, unificando un poco, per quanto possibile, quelle due opere contemporanee. Compagnie di canto davvero davvero buone: i parenti di Buoso hanno un ritmo e una energia favolosi, Serena Gamberoni è una Lauretta dolce e Alessandro Corbelli uno Schicchi niente cialtrone. Con Zemlinsky abbiamo ascoltato alcuni minuti davvero "alla Richard Strauss", per qualità del canto e dell'orchestra; Angeles Blancas Gulin formosissima e accettabilmente sexy, eccellente; ma chi ci ha dato le vertigini, ricordandoci che questo Zemlinsky viene da Oscar Wilde, e dall'Otello di Shakespeare, è stato il bass-baritone Mark S. Doss, classe 1957, afroamericano formidabile in emissione e presenza scenica: come accade in alcune recenti regie di quest'atto unico, anche Borrelli fa strangolare la moglie adultera dal marito tradito, dopo l'amante allo spiedino; ci sta (anche se Zemlinsky li rimette insieme tutti eccitati, i consorti), Bianca se lo merita.
Regia: Vittorio Borrelli
Direttore: Stefan Anton Reck
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