Notturni per tromba e live electronics
Jon Hassell in trio a Torino, tra Davis e glitch
Recensione
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Lascia sempre perplessi scoprire che Jon Hassell non è noto quanto Brian Eno o David Byrne, artisti che peraltro devono molto alla sua arte. Eppure. Al Teatro Valdocco di Torino il 71enne trombettista e tastierista di Memphis si presenta con il proprio progetto in quartetto (per l'occasione trio, con lui solamente Peter Freeman al basso e laptop e Dino Deane al live electronics) che ricalca la sua personale storia musicale: utilizzo di musica del mondo nelle sue forme più evocative e sciamaniche, rarefazione sonora che però non si traduce mai in minimalismo stretto, note lunghe e soffiate alla tromba di scuola davisiana. Lo spettacolo - concerto più morbide proiezioni alle spalle del trio - si dipana in quattro movimenti fluidi e legati l'uno all'altro, in bilico tra improvvisazione e scrittura. Il vero protagonista è il suono, cercato con insistenza dal leader che soffia nello strumento gestendo millimetricamente note e fiato, mentre i tappeti di Freeman e Deane ora interagiscono, ora restano "dietro" a seconda dei movimenti (il primo dedicato al fraseggio mediorientale, il secondo vagamente dub, il terzo giocato prepotenemente su glitch e campioni, l'ultimo free e affidato nella linea al basso). Il magma ribollente elettronico fluisce lungo la serata tiepido e liquido, evocando mari d'erba e mari buii; se Deane gestisce i propri campioni (schiocchi e rimbalzi, ma anche percussioni e piano elettrico) interagendo al meglio con la tromba di Hassell, l'anello debole è il basso di Freeman, dal suono sordo e indefinito, quasi un Bill Laswell affettato sui medi. Ma il senso generale di "notturno" è quello che resta più addosso a fine sessione, una notte che bolle delicatamente sotto la tromba di un Jon Hassell sempre protagonista e maestro.
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