«Noi non siamo morti»
Gli Einstürzende Neubauten con "Lament" rievocano la Prima Guerra Mondiale
Recensione
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Il palco prima che arrivino è già uno spettacolo: Lament è un progetto sulla Prima Guerra Mondiale, e gli Einstürzende Neubauten sono pur sempre quelli del rock industriale… così basta scorrere quel campo di battaglia ancora non sonoro fatto di tubi plastici, lastre metalliche, catene, coni, bidoni in acciaio inossidabile per capire cosa ci aspetta. Poi arrivano i cinque inossidabili Einstürzende, invecchiati ma ancora d’acciaio, e partono con un muro di fracasso, visto che dalle mostre storiche che rievocavano il centenario dello scatenarsi nel 1914 dell’orribile macello abbiamo appreso quanto fosse spaventoso il frastuono sui campi di quel conflitto, e quanti musicisti e band ci fossero in realtà, a suonare nei frequenti tempi morti, tra morti e morti.
In una delle poche date del loro tour, a Torino con l’organizzazione di Hiroshima Mon Amour all’Auditorium Rai strapieno anche di molti francesi devoti, Lament dimostra di essere un lavoro di grande rilievo. Due ore in cui si alternano rumoristiche alla Russolo Pratella, teatro musicale dada, muri di chitarre metal, e genialità come quella che vede tre degli Einstürzende che picchiano duro con bacchette su una ragnatela di tubi plastici, e Blixa Bargeld (sardonico angelo dandy che strilla come un’aquila) che ci spiega: «Ogni singolo battito è un giorno di guerra», e scorrono lentamente gli anni… 1914 1915 1916 1917 1918, le entrate in guerra di regni da operetta, e infine gli armistizi.
Commissionato dalla città fiamminga di Diksmuide, in Belgio, andato in prima l’8 novembre 2014, Lament raggiunge vette di cupo tragico ironico delirio in ballate come “How Did I Die”, libera interpretazione di un pezzo gospel della band di soldati-musicisti afroamericani di Harlem inquadrati nell’esercito francese dagli Stati Uniti: «Noi non siamo morti, siamo tornati con una canzone diversa, la differenza è nella canzone, la differenza fa la canzone».
In una delle poche date del loro tour, a Torino con l’organizzazione di Hiroshima Mon Amour all’Auditorium Rai strapieno anche di molti francesi devoti, Lament dimostra di essere un lavoro di grande rilievo. Due ore in cui si alternano rumoristiche alla Russolo Pratella, teatro musicale dada, muri di chitarre metal, e genialità come quella che vede tre degli Einstürzende che picchiano duro con bacchette su una ragnatela di tubi plastici, e Blixa Bargeld (sardonico angelo dandy che strilla come un’aquila) che ci spiega: «Ogni singolo battito è un giorno di guerra», e scorrono lentamente gli anni… 1914 1915 1916 1917 1918, le entrate in guerra di regni da operetta, e infine gli armistizi.
Commissionato dalla città fiamminga di Diksmuide, in Belgio, andato in prima l’8 novembre 2014, Lament raggiunge vette di cupo tragico ironico delirio in ballate come “How Did I Die”, libera interpretazione di un pezzo gospel della band di soldati-musicisti afroamericani di Harlem inquadrati nell’esercito francese dagli Stati Uniti: «Noi non siamo morti, siamo tornati con una canzone diversa, la differenza è nella canzone, la differenza fa la canzone».
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