Nel vuoto del Paradiso
A Bassano e Padova Marco Angius e l’Orchestra di Padova e del Veneto presentano le Musiche per il “Paradiso” di Dante di Salvatore Sciarrino con la “mise en espace” curata dal collettivo Anagoor
Salvatore Sciarrino è senza dubbio il compositore contemporaneo che più di ogni altro ha rivolto la propria arte e riflessione estetica al mondo poetico di Dante e alla sua Commedia fin dalle musiche composte per la Lectura Dantis di Carmelo Bene a Bologna nel 1981, un anno dopo la strage alla stazione della città felsinea. Nascono nel 1993, invece, le Musiche per il Paradiso di Dante composte dal compositore siciliano per un progetto firmato da Federico Tiezzi e dei suoi Magazzini per il Ravenna Festival e andato in scena alla Basilica di San Vitale. “Quando gli ho chiesto di darmi un’immagine sintetica del lavoro che andavamo compiendo, Sciarrino disegnò una spirale attraversata da una linea retta … La spirale mi rappresenta la musica e la retta attraversante, le parole di Dante. Ma anche l’avvolgersi della sonorità e all’occhio della scrittura”: con queste parole Tiezzi sintetizzava il progetto per Ravenna, che, accanto alla musica di Sciarrino, presentava una sintesi di un paio d’ore della terza Cantica dantesca realizzata da Giovanni Giudici.
Più che “musica di scena” in senso stretto, le tre sezioni della composizione di Sciarrino si ponevano come complemento concettuale ai versi di Dante per il Paradiso. La prima sezione, “Alfabeto oscuro”, voleva rappresentare lo sforzo di esprimere l’inesprimibile, l’assenza della parola che i suoni degli strumenti tentano vanamente di emulare (“come parlando” è l’indicazione in partitura). La seconda, “L’invenzione della trasparenza”, con le sue infinite figurazioni sonore dal movimento quasi rotatorio su un metallico Urklang di fondo, voleva alludere al movimento ascendente di Dante attraverso i nove cieli concentrici del Paradiso, evocati con configurazioni strumentali cangevoli in una stratificazione di temi distinti e distinguibili, quasi metafora sonora dell’occhio che penetra la trasparenza dei cieli danteschi. Nella terza, “Postille”, si va oltre la rotazione degli astri, “al ciel ch’è pura luce”, dove anche il suono tenta di farsi luce in una corrispondenza ideale con l’esperienza sinestetica del poeta, testimone del divino e incapace di esprimerlo attraverso i suoi versi (“Oh quanto è corto il dire e come fioco / al mio concetto …”). Una fissità punteggiata dai solenni accordi degli ottoni a evocare la solenne maestà delle schiere degli eletti.
Dopo quasi trent’anni, quelle Musiche per il Paradiso di Salvatore Sciarrino sono tornate a manifestare tutta la loro suggestione intellettuale nell’anno dantesco grazie all’iniziativa di Marco Angius e dell’Orchestra di Padova e del Veneto, che ne annunciano anche una registrazione a venire. Due gli appuntamenti in programma a distanza di pochi giorni: il primo a Bassano del Grappa nella duecentesca chiesa di San Francesco nell’ambito di OperaEstate Festival Veneto, e il secondo a Padova nel grande salone di Palazzo della Ragione nel quadro della quinta edizione del locale festival di musica sacra “In Principio”.
Per restituire una dimensione teatrale a quella “sorta di musica-ambiente, stilizzata a porgere gli spunti che il verso tace e richiama” (Sciarrino), è stato chiamato il collettivo teatrale Anagoor. Più che di una messa in scena, si tratta piuttosto di una “mise en espace” concepita per due luoghi non teatrali, nei quali il regista Simone Derai e Mauro Martinuz, curatore del suono, costruiscono un “recinto d’ascolto” occupato dal pubblico lungo tre lati e dall’orchestra nel quarto, con i tre solisti al flauto (Andrea Biagini), al violino (Lorenzo Gentili Tedeschi) e alla viola d’amore (Gareth Knox) sistemati sul fondo sopra un’alta pedana.
Al centro del recinto, sette registratori a nastro Revox vengono azionati da Marco Menegoni e Ferole Stebane Dongmo Noumedem con la ieratica gestualità di un rituale. “La gloria di colui che tutto move / per l’universo penetra, e risplende / in una parte più e meno altrove …”: i versi che inaugurano la performance sono quelli che aprono il Paradiso, declamati in italiano e in francese dai due performer. Sono i soli composti da Dante che si ascoltano nella serata, perché nel viaggio di avvicinamento all’impenetrabile e inesprimibile mistero della divinità il drammaturgo Simone Derai ai versi danteschi predilige le penetranti e sofferte riflessioni della filosofa e mistica Simone Weill. Lo spazio performativo resta vuoto di presenze perché “non c’è possibilità di rappresentazione” secondo il regista. Quello spazio viene invece abitato da una nuvola di voci e lingue diverse che pronunciano frasi di Simone Weill diffuse da una cinquantina di altoparlanti a tromba che abbracciano il pubblico, e dalla musica di Sciarrino, che crea un “cielo sonoro delle parole”, ideale alveo di meditazione alle dense riflessioni di Simone Weill.
Spettacolo austero su “vuoto, trasparenza e impossibilità di dire” realizzato con intransigente coerenza e rigore dal collettivo di Castelfranco Veneto, che rinuncia in questo caso al complesso alfabeto visivo del suo DNA teatrale ma non agli effetti luminosi, ridondanti nella loro ostentata esteriorità, di Fabio Sajiz. Lo stesso rigore ispira anche l’impeccabile esecuzione musicale guidata da Marco Angius, sciarriniano di lungo corso e di riconosciuta qualità.
Pubblico numeroso in entrambe le serate, salutate sia a Bassano che a Padova da applausi generosi.
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