Muti a Loreto per Le Vie dell'Amicizia
Il Ravenna Festival prima a Lourdes, poi a Loreto, con l'Orchestra Cherubini e gli artisti del Coro ucraini
«Siamo gocce di bene in un oceano di male» spiega Riccardo Muti mentre il sindaco di Loreto gli fa firmare l’albo degli ospiti illustri della città. E la frase potrebbe sintetizzare il significato delle “Vie dell’Amicizie”, il progetto di Ravenna Festival che è “un ponte di fratellanza attraverso l’arte e la cultura” nato nel 1997 a Sarajevo e che quest’anno ha unito Lourdes (lunedì 11 luglio) e Loreto (giovedì 14 luglio). Loreto ha accolto i complessi del Ravenna Festival come nuovi amici da festeggiare: c’erano addirittura dei negozianti che, sulla via che conduce alla Piazza della Madonna, indossavano magliette gialle con la scritta “Benvenuto Ravenna Festival”.
La basilica della Santa Casa di Loreto è sulla destra del palco dove ci sono i cori e l'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, per tutto il concerto le tre porte rimangono aperte e dalla porta centrale il pubblico può scorgere proprio la Casa Santa, su quel sagrato danzeranno i due ballerini mentre sotto la statua benedicente di Sisto V tre musicisti ucraini suonano e sui gradini della basilica si schiereranno i bambini per cantare.
La serata, che verrà trasmesso il 6 agosto su Raiuno, è un susseguirsi di emozioni perché insieme al Coro Luigi Cherubini e al Coro Cremona Antiqua ci soni alcuni artisti del Coro del Teatro dell’Opera Nazionale d’Ucraina “Taras Shevchenko”di Kiev che sono stati accolti a Ravenna e che cantano con la “Vyshyvanka”, la tradizionale camicia ricamata. Toccante è il Corpo di Cristo, un canto tradizionale liturgico eucaristico ucraino del XIII secolo, da brivido la Preghiera alla beata Vergine: una voce femminile adulta e una bambina (come se fossero una madre e una figlia: Svitlana Semenyshyna e Milana Lomanova) scritto dalla compositrice ucraina Hanna Havrylec' morta di infarto due giorni dopo lo scoppio della guerra. Un po’ di speranza arriva da Melody...for an Angel di Myroslav Skoryk suonato da Dmytro Hudyma (oboe), Oleksandra Zinchenko (violino) e Taras Stoly (bandura, è un incrocio tra un liuto e una cetra) e danzato da Tatiana Lyozova e Yaroslav Tkachuk (era Dostoevskij a dire che "la bellezza salverà il mondo"!), la violinista ha gli occhi lucidi quando rientra tra le file dell'orchestra e il maestro Muti si congratula con lei. Poi c’è la grande lezione di vita che arriva da Felix Klieser che, senza braccia, suona il corno (il Concerto n.1 per corno e orchestra di Mozart) con le dita del piede sinistro.
A Muti spetta la parte più classica: il Magnificat di Vivaldi che apre la serata con le belle voci di Arianna Vendittelli e Margherita Maria Sala. Poi il “suo” Verdi, la zampata del leone, con due pagine che purtroppo non sono molto conosciute come lo Stabat Mater e il Te Deum dai Quattro pezzi sacri, e quando Muti fa risuonare forte, perentorio il Sanctus del Te Deum ti domandi cosa avrebbe ancora scritto di così moderno e innovativo Verdi, se non fosse morto nel 1901? Già perché il Te Deum è proprio l’ultimo brano composto da Verdi nel 1898. E poi ancora Mozart, proprio lui che si fermo una notte a Loreto il 16 luglio del 1770. Per l’Ave Verum al coro dei grandi si uniscono i piccoli di Vocincanto, alla prova generale Muti scende dal podio per guidarli meglio, li frena, li fa respirare, gli fa scandire bene le lettere (soprattutto la “m” di mortem) e le parole («Ave Verum è una preghiera, non è Ave Cesare!» si raccomanda) , al concerto sono “perfetti” con il loro sguardo lieto fisso alle mani del maestro e una gerbera gialla in mano: sono loro il nostro futuro sembra essere il messaggio conclusivo delle Vie dell’Amicizia.
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