Muti e l’Orchestra Cherubini per l’ottantesimo anniversario delle Fosse Ardeatine

Eseguita per la prima volta in Italia la Sinfonia dedicata a quei tragici giorni del 1944 dall’americano William Schuman

Muti e la Cherubini (Foto Silvia Lelli)
Muti e la Cherubini (Foto Silvia Lelli)
Recensione
classica
Roma, Parco della Musica, Sala Santa Cecilia
Anniversario Fosse Ardeatine
24 Marzo 2024

La mattina del 24 marzo l’ “opera per ricordare” di Matteo D’Amico in diretta su Rai-Radio3 dal Palazzo del Quirinale, la sera il concerto di Riccardo Muti con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini nella sala Santa Cecilia del Parco della Musica gremita di pubblico: la musica ha dato un grande contributo alla commemorazione dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

La prima emozione l’ha data vedere tanti giovani musicisti suonare in ricordo di quei fatti avvenuti oltre mezzo secolo prima della loro nascita. E con loro suonava un gruppo di strumentisti della Banda dell’Arma dei Carabinieri, che rappresentavano i tanti carabinieri uccisi dai nazisti perché accusati di essere rimasti fedeli al loro giuramento alla patria.

Questi Carabinieri erano impegnati a rafforzare i ranghi degli ottoni e delle percussioni, che hanno un ruolo importante nella Sinfonia n. 9 “Le Fosse Ardeatine” di William Schuman, statunitense di origini ebraiche, che in Italia è poco noto ma è stato tra i principali compositori USA della sua generazione. Scrisse questa sinfonia - che solo ora è stata eseguita per la prima volta in Italia - dopo aver visitato le Fosse Ardeatine nel 1967. La vista di quella grande grotta con le lunghe file di pietre tombali identiche - ognuna con il nome, l’età, l’occupazione e soprattutto la foto della persona che giaceva là sotto - lo sconvolse più dei resoconti sulla morte di milione di esseri umani uccisi dal nazismo, che non avevano però un’individualità e restavano numeri di una statistica atroce ma astratta. “Qualunque sia il futuro della mia sinfonia, ogni volta che sarà eseguita, il pubblico ricorderà”, disse. Ed è quel che è accaduto anche a Roma, dove la sinfonia è stata ascoltata e applaudita con grande partecipazione.

Non è musica descrittiva, piuttosto “l’atmosfera della sinfonia, soprattutto nelle sezioni di apertura e di chiusura, è direttamente collegata alle emozioni suscitate da quella visita”, come ha scritto l’autore stesso. Il primo dei tre movimenti, che si susseguono senza interruzione, inizia con con un tema sommesso, strisciante e inquietante, che viene ripetuto tre volte, salendo ogni volta di un semitono, per un totale di trentatré battute, quante furono le SS uccise nell’attentato di via Rasella: un simbolismo numerico quasi bachiano. Questo tema, affidato prevalentemente agli archi, cresce lentamente e diventa sempre più teso, fino ad esplodere nella violenza degli ottoni e delle percussioni. Nel secondo movimento le brevi, acute e vivaci interiezioni dei legni e le lunghe frasi affettuose degli archi rappresentano la vita della gente comune, minacciata e poi sopraffatta da ritmi militareschi scanditi dalle percussioni, a cui si aggiungono progressivamente le altre sezioni dell’orchestra. Il terzo movimento è un lamento sommesso e dolente, che riprende il tema iniziale, ora armonizzato da tromboni e tuba, che per antica tradizione sono collegati alla musica funebre. Nelle ultime battute questo lamento è lacerato dalla violenza degli ottoni e dai rulli delle percussioni.

Seppur rapido e inadeguato, questo riassunto della sinfonia si è reso necessario perché Muti ha rivolto la sua attenzione agli aspetti meramente musicali - lo stile è quello del modernismo moderato tipico della musica americana della metà del secolo scorso, che non era troppo diverso da quello russo di Prokof’ev, Shostakovich e Weinberg - ma si è disinteressato dei valori espressivi, privando questa musica del suo vero significato.

Il concerto si era aperto con la Sinfonia n. 8 “Incompiuta” di Franz Schubert, di cui Muti ha messo splendidamente in evidenza “l’esattezza chirurgica della scrittura strumentale, le proliferazioni tematiche senza fine, i mutamenti di colori e di timbri”, come scrive Guido Barbieri nel programma di sala. Questo capolavoro schubertiano ha assunto un rilievo quasi scultoreo, con accordi possenti e grandi contrasti dinamici, rivelando sotto il lirismo del primo romanticismo la forte impronta dell’eredità del classicismo.

Last but not least, i giovani dell’Orchestra Cherubini hanno dato una prova splendida per intonazione, precisione e bellezza del suono degne di una grande ed esperta orchestra - appena meno perfette nei primi due o tre minuti, necessari per mettersi a loro agio nell’acustica della vastissima sala - e allo stesso tempo per la naturalezza e la passione giovanili nel seguire prontamente le sollecitazioni di Muti. Ottimi anche i musicisti della banda dei carabinieri, che si sono fusi perfettamente con l’orchestra.

È doveroso ricordare che alla realizzazione del concerto hanno contributo in forma diversa la Presidenza del Consiglio, il Ministero della Cultura, Roma Capitale, la Comunità ebraica di Roma, l’Anfim, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Ravenna Festival.  

 

 

 

 

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