Mitridate, da Mozart a Racine
Parigi riscopre l'opera di Mozart
Recensione
classica
Produrre Mitridate in scena non è facile e quando accade è di fatto un evento. La complessità è duplice: da una parte, si tratta di un riunire un cast mirabolante, capace di affrontare senza timori una scrittura tesa a far brillare il cantante tramite una virtuosità esibita senza mezze misure; e dall’altra, bisogna vedersela con una drammaturgia post-arcadica, costruita sull’andirivieni recitativo vs. aria. Il Théâtre des Champs Elysées di Parigi si è lanciato in questa doppia tenzone. Provando a riunire virtuosi provati e affidando la regia ad un vero uomo di teatro: Clément Hervieu-Léger della Comédie-Française.
Quest’ultimo ha ovviamente spinto Mozart nel terreno di Racine. Ha ricentrato il tutto in una scena unica: quella unità di luogo tanto cara al classicismo francese. Dall’inizio alla fine, tutto si svolge in un teatro, dove la troupe prova l’opera. L’idea non è originale – è il meno che si possa dire. Anzi, francamente logora. E la presenza discretissima di un suggeritore non rende meno convincente la scelta. Le scene bellissime di Eric Ruf (altra personalità presa in prestito dalla Comédie Française) compensano e le luci di Bertrand Coudere fanno il resto.
Applauditissimo è il tenore rossiniano Michael Spyres nel ruolo eponimo. Dal suo arrivo in scena, magnetizza il pubblico per la sua vocalità spiegata (peccato certe difficoltà con gli acuti). Il contro-tenore Christophe Dumaux (Farnace) conquista di aria in aria: la tecnica è sempre stata impeccabile e ora il volume si è ispessito. Una vera bellissima sorpresa è la greca Myrtò Papatanasiu. Sabine Devieilhe (Ismene) ha ammaliato per i suoi acuti già leggendari e il colore perfettamente mozartiano. Drammaticamente convincente, Patricia Petibon si è dovuta cimentare con le asperità vocali della parte di Aspasia, tanto lontane dal suo registro abituale. Emannuelle Haïm non è mai avara di energia e si muove perfettamente a suo agio in questa partitura del giovane Mozart. Il suo Concert d’Astrée si è ormai imposto come uno degli ensembles francesi più importanti.
Quest’ultimo ha ovviamente spinto Mozart nel terreno di Racine. Ha ricentrato il tutto in una scena unica: quella unità di luogo tanto cara al classicismo francese. Dall’inizio alla fine, tutto si svolge in un teatro, dove la troupe prova l’opera. L’idea non è originale – è il meno che si possa dire. Anzi, francamente logora. E la presenza discretissima di un suggeritore non rende meno convincente la scelta. Le scene bellissime di Eric Ruf (altra personalità presa in prestito dalla Comédie Française) compensano e le luci di Bertrand Coudere fanno il resto.
Applauditissimo è il tenore rossiniano Michael Spyres nel ruolo eponimo. Dal suo arrivo in scena, magnetizza il pubblico per la sua vocalità spiegata (peccato certe difficoltà con gli acuti). Il contro-tenore Christophe Dumaux (Farnace) conquista di aria in aria: la tecnica è sempre stata impeccabile e ora il volume si è ispessito. Una vera bellissima sorpresa è la greca Myrtò Papatanasiu. Sabine Devieilhe (Ismene) ha ammaliato per i suoi acuti già leggendari e il colore perfettamente mozartiano. Drammaticamente convincente, Patricia Petibon si è dovuta cimentare con le asperità vocali della parte di Aspasia, tanto lontane dal suo registro abituale. Emannuelle Haïm non è mai avara di energia e si muove perfettamente a suo agio in questa partitura del giovane Mozart. Il suo Concert d’Astrée si è ormai imposto come uno degli ensembles francesi più importanti.
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