L’OPV tra Verdi, Berio e Sani
Dopo il concerto al Teatro La Fenice, l’Orchestra di Padova e del Veneto si misura con la nuova commissione di Nicola Sani
Quella appena conclusa è stata una settimana particolarmente intensa per l’Orchestra di Padova e del Veneto, iniziata sul palcoscenico del Teatro La Fenice di Venezia e proseguita a Padova con la prima esecuzione assoluta della nuova commissione affidata a Nicola Sani, compositore in residenza quest’anno, e con l’irrinunciabile approfondimento del sabato nella Sala dei Giganti al Liviano di Padova. Dopo il contributo di Guido Barbieri sull’Opus 120 n. 1 di Brahms/Berio, Sandro Cappelletto prosegue il percorso tracciato dal prolifico rapporto tra Luciano Berio e il repertorio storico, ripercorrendo la fase creativa che ha prodotto l’orchestrazione delle Otto Romanze giovanili di Giuseppe Verdi. A partire dall’accompagnamento pianistico, la musica di Berio si adagia sulla melodia verdiana con grande rispetto e fantasia, come evidenzia l’esecuzione diretta da Marco Angius. All’interno di questo tessuto si incrociano così citazioni tratte dal repertorio operistico di Verdi, unite a riferimenti e allusioni musicali vicine a compositori quali Wagner e Saint-Saëns, in un insieme di voci strumentali che si susseguono, continuamente illuminate da una luce cangiante.
Di Berio il programma ha accolto in apertura anche la sovrapposizione delle Quattro versioni dalla Ritirata notturna di Madrid di Boccherini, esaltate dall’ammirevole conduzione dell’arco dinamico, spina dorsale dell’intero brano, in un unico ampio respiro. Di Verdi invece si sono ascoltati i Ballabili dal Macbeth, integrando così simbolicamente la produzione della Fenice che ha visto la regia di Damiano Michieletto in apertura di stagione, con la quale l’OPV ha saputo subito mettersi in dialogo tra fibrillazioni coloristiche e una vitalità ritmica sapientemente valorizzata, all’interno di un gesto particolarmente coinvolgente. Tempestate di Nicola Sani si affida invece alla tecnologia, attuando una mappatura digitale dell’OPV per permettere al suo suono di relazionarsi con quello dell’orchestra virtuale, modulata dal contributo del direttore Angius e di Alvise Vidolin alla regia del suono.
Benché l’apporto vocale di Enrico Casari si sia rivelato inadeguato nel finale del Rondò arlecchinesco di Busoni così come nell’esecuzione delle Romanze verdiane, segni di disappunto sono impalliditi innanzi all’entusiasmo del pubblico accorso numeroso a ciascuno dei tre appuntamenti.
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