L’Opera di Liegi ripropone Mignon di Thomas

All’Opéra Royal de Wallonie-Liège dall’1 al 9 aprile

Mignon (Foto Jonathan Berger ORW-Liège)
Mignon (Foto Jonathan Berger ORW-Liège)
Recensione
classica
Opéra Royal de Wallonie-Liège
Mignon
01 Aprile 2022 - 09 Aprile 2022

Mignon a Liegi, ovvero come togliere la polvere ad un’opéra-comique oggi un po’ dimenticata malgrado sia stata nel 1866 un grandissimo successo, il primo, del compositore francese Ambroise Thomas. Espressione del gusto per il sentimentalismo del Secondo Impero, con melodie facili e  leggere, il regista Vincent Boussard è voluto ripartire da Goethe, dal suo  personaggio Wilhelm Meister che ha ispirato il libretto, e dalla sua iniziazione emozionale che si gioca tra l’enigmatica piccola innocente Mignon e la consumata seduttrice Philine. Un punto di vita che mette al centro, come lo era in Goethe, il teatro in quanto luogo del falso rivelatore del vero. Viene proposto quindi un allestimento, firmato Vincent Lemaire, di teatro nel teatro dove le prospettive delle diverse scene sono spesso oblique ed i tempi storici mescolati grazie all’uso contemporaneamente di costumi di ieri e di oggi, firmati da Clara Peluffo Valentini. Un piacevolissimo ed efficace falso da vedere tutto giocato su sfondi grigi e toni freddi anche quando, nel terzo atto, siamo in Italia e si doverebbe godere dei colori intensi, caldi e luminosi evocati nella famosa aria “Connais-tu le pays où fleurit l'oranger?” che canta Mignon ad inizio opera. Una scelta cupa che all’inizio può lasciare perplessi ma che, infine, evita l’eccessivo senso di  mielosità  che l’opera rischia di produrre trasportandoci invece anche grazie allo sfocato in un’atmosfera onirica indefinita, amplificata poi pure dal pavimento a specchio.  I colori forti sono invece caratterizzanti gli abiti dei protagonisti, sopratutto quelli dei ruoli secondari, presentati come dei veri e propri clown della vita reale. Delle varie versioni esistenti di Mignon  - con o senza recitativi, con finale tragico o lieto – è stata scelta la versione originale con dialoghi parlati e Mignon che muore...e non muore (sorpresa). Tutto il cast è stato preferito francofono per garantire la correttezza  dei dialoghi, tutte belle voci anche se non tutte adatte al ruolo. Splendido, sin dalle prime battute, dalla voce profonda ed elegante, il basso Jean Teitgen nella parte di Lotahario, che si rivelerà infine essere il nobile padre di Mignon; quest’ultima  è interpretata dal mezzo Stéphanie d'Oustrac, temperamento più di una carnale Carmen che di una bambina-bambino che cresce, e diventa donna, grazie proprio all’amore per Wilhelm, qui il giovane tenore Philippe Talbot, perfetto invece per il ruolo, dalla voce romantica e morbida che ha regalato un dolcissimo “Adieu, Mignon! courage”, forse solo a tratti un po’ troppo immobile in scena; grande attesa poi per il soprano di coloratura belga Jodie Devos come Philine, una parte che interpreta più con ironia che vera sensualità e senza svettare nella celebre aria “Je suis Titania la blonde”, regalando comunque un personaggio delizioso ed un’ottima prestazione vocale. Quanto alla direzione d’orchestra di Frédéric Chaslin dopo un inizio caratterizzato da mancanza di fluidità tra i diversi pezzi, sopratutto nelle citazioni dell’ouverture, poi prende il giusto ritmo e accompagna felicemente i cantanti, circondati questi anche da un coro soddisfacente. Peccato infine  per la scena dell’incendio, non sufficientemente suggerita, ma l’idea di presentare sin dall’inizio con un candelabro acceso, Lothario  che sarà poi l’artefice del fuoco, è centrata. E peccato  anche  per la camiciona di Mignon che disturba perché illogicamente, se non per rispondere a un problema di tempi di cambio d’abito non altrimenti ben risolto, compare la stessa tra la fine del secondo e inizio del terzo atto, che qui sono consecutivi avendo deciso di fare solo un intervallo.

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